Si potrebbe definire Pintus una specie di trascinatore di popoli, a giudicare dalla quantità di risate e applausi che intervallano tutta la durata dello spettacolo e al numero degli spettatori in sala
Con Angelo Pintus il sold out è quasi sempre assicurato. Il comico triestino classe 1975 porta in scena un esilarante spettacolo di due ore e mezza, tutto da ridere. Destinati all’estinzione si incentra sulle paradossali paranoie e “complotti” dell’uomo contemporaneo, interrogandosi sul perché semplicemente secondo Pintus abbiamo smesso di usare il cervello (che sul palco è un vero e proprio oggetto scenico di gomma, da scaraventare da una parte all’altra per rendere meglio l’idea).
Reduce del successo delle 126 repliche di Ormai sono una milf e dopo lo spettacolo E se fosse stato il cavallo?! della scorsa stagione, Pintus torna alla carica confermandosi uno dei pochi one man show del panorama comico italiano, legando gli spettatori alla poltrona esclusivamente tramite monologhi e riflessioni varie e a volte vaghe, ma perfettamente in linea con il tema dello spettacolo.
Siamo davvero Destinati all’estinzione?
A giudicare dalla società di oggi, in lotta tra like su Facebook e teorie terrapiattiste, siamo davvero Destinati all’estinzione? Pintus riflette sulla possibile involuzione odierna della specie, che sia già sotto i nostri occhi? Per ogni episodio o aneddoto narrato il comico pone sempre un altro punto di vista rispetto alla più facile interpretazione, spostando il focus di lettura e invitando (banalmente ma neanche tanto) a usare la materia grigia di cui tutti gli esseri umani sono (o dovrebbero forse) essere dotati.
Monologhista irriverente, a tratti imitatore (il primo amore non si scorda mai) ma anche improvvisatore a seconda del mood in platea, sempre diverso. Incline alla percezione degli umori degli spettatori, Pintus calibra il “canovaccio” dello spettacolo sulla platea che ha di fronte, dimostrando grande capacità d’intrattenimento.
Pochi gli elementi scenografici, tutti funzionali alla messa in scena. Una poltrona sulla quale il comico si diverte a sdraiarsi di tanto in tanto, un tavolino con dell’acqua e un finto telefono, un baule dal quale attinge qualche oggetto funzionale ai monologhi ma soprattutto una grande lavagna rettangolare dietro di lui. Necessaria compagna di viaggio per descrivere gli argomenti trattati e fissarli nella mente degli spettatori perché facenti parte di un circolo narrativo e tematico funzionale fino ad arrivare al finale dello spettacolo in cui il comico, interpellando il pubblico sulle parole chiave della serata, improvvisa un rap scatenando l’ilarità diffusa in platea.
One man show dalla risata (ma anche la riflessione) facile
Si potrebbe definire Pintus una specie di trascinatore di popoli, a giudicare dalla quantità di risate e applausi che intervallano tutta la durata dello spettacolo e al numero degli spettatori in sala. È il pubblico delle grandi occasioni, che rappresenta l’Italia di oggi, intergenerazionale e socialmente misto.
Pintus non perde l’occasione di riflettere su temi attuali di una certa importanza (o gravità) fornendo spunti anche seri e ponderati, dimostrando che oltre la parolaccia facile o le freddure (amate/odiate) c’è molto di più. Uscendo da teatro si ride ancora, ma si pensa anche alle argomentazioni del comico secondo il quale siamo davvero destinati all’estinzione, e non si può che concordare con lui.