Classe 1990, estro da vendere e alle spalle diverse performance con un seguito di polemiche/chiacchiericcio non indifferente. Achille Lauro riparte da Bologna dopo l’ospitata a Sanremo della settimana scorsa.
Teatro pieno e grandi aspettative. È un pubblico variegato quello che si appresta ad ascoltare il suo concerto, sia per età che per gusti (estetici, artistici, e così via). Complice forse la possibilità di ascoltare l’artista veronese per la prima volta in una cornice diversa, quella intima dei teatri, forse curiosi di scoprire se “dietro quella maschera” (come cantava Renato Zero nei lontani anni ’70) “c’è un uomo”. E che uomo si nasconda oltre innumerevoli trucchi e strati su strati di outfit elaboratissimi.
Lauro si presenta al pubblico teatrale in una veste che per lui é perfino sobria: completo rosso e guanti di vernice. Al centro ci sono le canzoni, riarrangiate in chiave acustica (o quasi), suonate dalla sua band di cinque elementi, impreziosita dalla presenza di Sofia Volpiana al violoncello.
La scenografia si sviluppa su due piani, collegati da una scala centrale con tanto di tappeto rosso. Il bianco la fa da padrone, riportando all’essenzialità del live, molte luci e poco “merletto”.
Le canzoni al centro
Lauro è un’artista di grande presenza scenica, anche (o forse soprattutto) senza fronzoli, si dona al pubblico in performance ora più ammiccanti e coinvolgenti ma lascia anche molto spazio a brani interpretati in penombra sullo sgabello, concentrato al massimo a realizzare quella che è la mission dichiarata di questi live: restituire il fulcro della performance alle canzoni, dare risalto alla musica e alle parole, senza nessuna interferenza.
Così, insieme alle hits come Rolls Royce, Me ne frego, 16 marzo, Bam bam twist, troviamo brani meno conosciuti come Cenerentola, Ora e per sempre, che restituiscono al pubblico l’artista in chiave inedita, e sicuramente vincente.