Ne aveva di talento da vendere il giovanissimo Händel, giunto in Italia sul finire del 1706 in cerca di fortuna. Non andò bene alla corte granducale dei Medici a Firenze, che gli dimostrò scarso interesse; andò meglio nella Roma di Clemente XI, dove la nobiltà “nera” e l'entourage papalino lo accolsero con favore, commissionandogli fra l'altro i suoi due oratori italiani, Il trionfo del Tempo e del Disinganno e La Resurrezione.
Nel frattempo, tenendo Roma come punto di rifermento, prese a girare per il Bel Paese. Un po' per farsi conoscere, un po' per scoprire altre realtà musicali ed affinare il mestiere.
Venezia e Napoli, i due poli del melodramma
Due piazze sopra tutto lo attiravano per la loro egemonia in campo teatrale: Venezia e Napoli. Nella Serenissima ottenne un travolgente successo con L'Agrippina, che presentata nel dicembre 1709 arrivò a ben 27 repliche. Il suo destino di operista venne così segnato, di lì a poco sarebbe rientrato in patria per poi trasferirsi Oltre Manica.
Tempo innanzi, nel luglio 1708, alle falde del Vesuvio aveva invece consegnato la serenata a tre voci Aci, Galatea e Polifemo, sulla traccia del mito narrato nelle Metamorfosi di Ovidio; la sua commissione veniva dalla colta duchessa Aurora di Sanseverino, per le nozze della nipote Beatrice.
In Inghilterra, a Cannons House, Händel avrebbe utilizzato lo stesso soggetto – ma non la musica - per il masque Acis and Galatea del 1718. Che poi nella ripresa londinese del 1732, ampliato l'impianto e arricchita l'orchestra, vide rimessi in gioco molti numeri della serenata napoletana, realizzando così un vero melodramma bilingue.
Un festival dedicato alla musica antica
Aci, Galatea e Polifemo ci viene offerta a conclusione del Festival MusicAntica 2023 a San Vito al Tagliamento, nello scrigno del piccolo Teatro Arrigoni da poco amorevolmente restaurato. Qualche giorno prima, era andata in scena a Gorizia e Trieste. I tre giovani interpreti sono stati individuati con un apposito concorso vocale, e preparati nell'ambito d'una masterclass del Laboratorio per l'Opera Barocca tenuta da Sara Mingardo.
Dietro tutto ciò, sta l'Associazione Barocco Europeo presieduta da Donatella Busetto, dalla quale dipende pure l'ottimo ensamble strumentale in sala. Vale a dire l'Orchestra del Cenacolo Musicale guidata con accortezza, tocco sapiente ed agile maestria da Riccardo Doni - maestro al cembalo - cavandone una notevole varietà di colori. Compagine che poggia su quattro colonne: il primo violino di Tommaso Luison, l'oboe ed il flauto di Gregorio Carraro, la tiorba di Fabiano Merlante e il cello di Giancarlo Trimboli.
Tre virtuosi e due fresche voci femminili
Certo è che a Napoli Händel poteva contare su cantanti di primissimo piano, dal momento che le due parti per soprano e contralto (o mezzosoprano) richiedono massima espressività nei recitativi, e comprendono cimenti vocali di rilevante difficoltà, su tutti l'aria «Benchè tuoni» di Galatea. E pure quella per basso richiede un pari virtuosismo, ravvisabile nelle arie «Sibilar l'angui d'Aletto» (che trasmigrerà poi nel Rinaldo) e «Fra l'ombre e gl'orrori».
Specialmente in quest'ultima, per l'impegno espressivo e l'agilità richiesta, con salti spropositati dal grave all'acuto di ben due ottave e una quinta. Un'ardua sfida che il basso italo-brasiliano Yuri Guerra supera con mezzi vocali già ben rifiniti, indubbia proprietà di stile, solida presenza scenica.
Non da meno, per qualità espressive e bravura di canto, sono parse il soprano Maddalena De Biasi e il mezzosoprano Emma Alessi Innocenti. La prima per carattere personale privilegia nel suo pastorello Aci l'accento patetico ed il lato un po' sognatore, procedendo con luminosa nitidezza musicale.
La seconda, la ninfa Galatea, per ora non possiede un registro grave corposo, che verrà più avanti. In compenso ha già un medium saldo e vellutato, arricchito da suggestive ombreggiature, e facile salita verso l'alto. Entrambe, peraltro, dimostrano una visione corretta e precisa delle trascendentali colorature händeliane, eseguite con profonda convinzione.
Semplicità, gran pregio
La gradevole mise en scène curata da Cesare Scarton è basata sull'allestimento video-scenografico ideato da alcuni studenti del Triennio di Scenografia della NABA-Nuova Accademia di Belle Arti di Milano. Allestimento molto pulito, rarefatto e lineare, al pari della pregnante regia che prevede per ogni personaggio un doppio solo mimato, e suggerisce una recitazione accurata e intensa.