Dall’incontro professionale tra il regista Piero Maccarinelli e il poeta e romanziere Daniele Mencarelli è nato Agnello di Dio, debutto nella scrittura teatrale per il vincitore del Premio Strega Giovani 2020, con il romanzo Tutto chiede salvezza.
Lo spettacolo mette in scena l’eterna resa dei conti tra padri e figli, battendo fino all’esagerazione (ma solo apparentemente) il tasto sulla tematica del conflitto, ribaltando in realtà gli schemi – perfino troppo contemporanei – del dramma borghese.
GLI SPETTACOLI
IN SCENA IN ITALIA
Un processo lucido e senza vincitori
La vicenda si svolge ai giorni nostri, nell’ufficio di presidenza di una scuola paritaria cattolica: un luogo con il compito di formare la futura classe dirigente, nel quale si respira – solo per l’arredamento – l’atmosfera luminosa, ma impersonale, di una multinazionale.
Sotto lo sguardo “presente” di un crocifisso, le tre vite sotto la lente d’ingrandimento della scrittura di Mencarelli sono quelle due adulti e un ragazzo: Fausto Cabra, impassibile e inappuntabile, nel ruolo di padre poco attento e anaffettivo; la preside della scuola (Viola Graziosi, sorprendente “suora in carriera”, severa e risoluta ma all’occorrenza, comprensiva); Alessandro Bandini (un figlio che sembra rifiutarsi di trovare il proprio posto nel mondo).
Un colloquio scolastico si trasforma in un processo lucido (senza vincitori) sull’incapacità di una generazione di comprendere quella successiva, tra accuse reciproche e segreti mai confessati E in questo scontro generazionale, a un certo punto, viene chiamato in causa anche Dio, generando inaspettatamente una situazione di maggiore stallo. Fino al colpo di scena finale, che rimette il gioco in mano agli adulti, attraverso il colpo di scena finale.
Il male di vivere (e “lasciarsi vivere”)
Pur non essendo un emarginato, Samuele ha quasi diciotto anni e vive un disagio evidente: una condizione che non è da ricercarsi nella politica (nel testo viene tirata in ballo, in modo alquanto pretestuoso, Lotta Studentesca, ndr.), nella droga, nell’identità sessuale o in presunti disturbi dell’apprendimento (DSA); ma ha trovato terreno fertile a livello generazionale, presumibilmente a causa di una mancata trasmissione di valori.
Samuele rimprovera a suo padre Marco – e agli adulti in generale – una perdita di curiosità che lo costringe a “lasciarsi vivere”, in una società necessariamente suddivisa in “vincitori” e “perdenti”.
L'interpretazione di Alessandro Bandini conferma ancora una volta la naturale disinvoltura attraverso cui il giovane attore è in grado di esprimere stati emotivi complicati (dallo smarrimento alla calma, senza farsi mancare una improvvisa crisi di pianto).
Ennesima prova d’attrice per Viola Graziosi, capace di circondare il proprio personaggio di un alone di mistero, fino al crollo liberatorio finale, che svela il reale obbiettivo di un’esistenza, sacrificata a un ideale, ma con il preciso intento di portare a compimento una vendetta.
Ci pensano i ripetuti, ma mirati, interventi di suor Cristiana, l’anziana e svampita assistente della preside, ad allentare una tensione che si taglia con il coltello: la sola presenza in scena di Ola Cavagna aggiunge quella dose di umorismo e saggezza a un dramma quotidiano certamente in grado di stimolare profonde riflessioni. In particolare, su errori intergenerazionali che, ancora per molto tempo, rimarranno senza colpevole.