Prosa
ALLA GRECA

Alla greca, la versione "made in Elfo" dell'Edipo punk di Berkoff

Alla greca
Alla greca © Laila Pozzo

Nel 1980 Steven Berkoff ha scritto e diretto Greek, una eclettica e controversa parodia del mito di Edipo, composta in versi, con una spiccata tendenza al turpiloquio. 

L’affresco satirico che l’artista dipinge della Londra thatcheriana – tra invasioni di topi, lotte civili e hooligans arrabbiati – attraversa gli ultimi 40 anni di storia sociale e politica, giungendo fino al tempo presente, segnato da una nuova pandemia e da assurdi impeti guerrafondai.

GLI SPETTACOLI
IN SCENA IN ITALIA


A quasi 30 anni di distanza dal primo allestimento del 1993, Elio De Capitani e l’intera squadra del Teatro dell’Elfo hanno deciso di tornare a giocare con questo testo iperbolico, dirompente e contraddittorio.

L'aggressività della parola

Eddy (un travolgente Marco Bonadei, soprattutto nella versione punk del primo atto) è un giovane proletario che lascia i genitori per sfuggire alla funesta previsione di un indovino. In un malfamato pub londinese, si imbatte, ancora inconsapevole delle proprie origini, nel suo vero padre (Elio De Capitani) e lo uccide con le parole: un duello di insulti taglienti, analogo a quello nel film Hook tra Peter Pan adulto (Robin Williams) e il giovane Rufio.

Seduce Giocasta, la sua vera madre (Sara Borsarelli, l'incarnazione di un mixperfetto tra rassegnazione ed emancipazione) e sfida l'iconica Sfinge (in pelliccia e dread), interpretata da Cristina Crippa.

Cristina Crippa

Una regia brechtiana, tra parola e musica

La regia "circense" di Elio De Capitani - con evidenti richiami brechtiani - si riflette sui costumi onirici di Andrea Taddei, e nelle luci surrealiste e "green" di Nando Frigerio.

La scenografia post-industriale - già concepita nel primo allestimento da Thalia Istikopoulou - è una struttura tubolare su piani sovrapposti, con scalette che permettono ai personaggi il passaggio da un livello narrativo all'altro e carrelli della spesa, sempre presenti sulla scena, che indicano la difficoltà di rinunciare a un consumismo decadente.


Una barra che oscilla continuamente al centro della scena evidenzia la verticalità dell'allestimento, per il quale i momenti salienti della vicenda tendono ad accadere verso il basso. 

Il livello più alto, infatti, spetta alla musica, ideata e suonata dal vivo da Mario Arcari e altri due musicisti in un favoloso gioco di contrappunti ironici, tra sassofono solista,,contrabbasso e percussioni: si ritrovano, anche in questo caso, echi dal mondo del circo e brevi accenni a melodie e atmosfere cinematografiche scolpite nella memoria (come il brano Amado mio, cantato da Rita Hayworth, nel film Gilda).

 

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Femminile vs maschile, in un testo “porno-fonico”

Berkoff adotta il linguaggio rabbioso e sessualmente esplicito, ma mai fastidioso della "cruda favola metropolitana". Il protagonista è animato da una rabbia prorompente e "necessaria"; tuttavia il suo amore per la vita, lo spinge a non assumersi la responsabilità "storica" della relazione incestuosa con la madre, conducendo i due protagonisti a un finale inaspettato: un'apologia della donna e dell'erotismo , un inno all'amore, come testimonia lo slancio lirico finale di Eddy: "È amore, io lo sento che tutto questo è amore. Che cosa importa quale forma prende?".

L'interpretazione di Marco Bonadei diventa una sfida anche sul piano fisico, in uno spettacolo dove il linguaggio ha certamente il proprio peso, ma poca sostanza. Ci pensa la spensieratezza della musica, a veicolare istanze politiche e sociali, che attraversano, imperturbabili, la storia dell'umanità.

Visto il 23-10-2022