Un gigantesco baule, una poltrona e numerosi vestiti appesi a ciò che sembra un gigantesco armadio aperto. Così si presenta il palco del Teatro Libero di fronte ad una platea gremita.
Va in scena “Alla meta”, piece scritta da Thomas Bernhard, drammaturgo austriaco contemporaneo, tra i massimi della moderna letteratura di lingua tedesca. Scrittore dalla vita travagliata, segnata oltre che dagli avvenimenti storici del Novecento anche dall’assenza del padre, dal rapporto conflittuale con la madre a da una grave malattia, ha concepito nella sua produzione letteraria una gran quantità di personaggi borderline.
Tutti i presupposti per un perfetto connubio con il Teatrino Giullare che ha prodotto “Alla meta”, tratto dall’omonimo testo di Bernhard.
La compagnia bolognese, fondata e diretta da Giulia Dall’Ongaro e Enrico Deotti, è nota per le innovative soluzioni sceniche e per accostare sul palco fantocci, maschere e travestimenti insieme agli attori in carne ed ossa, al fine di esaltare la natura dei testi e di accentuare l’alterazione dei personaggi. Sviluppatrice dell’innovativo progetto “Beckett>Bernhard>Koltes e l’artificio in scena”, premiato con il Premio Speciale Ubu 2006 per la profondità d’interpretazione dei classici contemporanei, oltre “Alla meta” di Berhard ha sino ad oggi prodotto “Finale di partita” di Samuel Beckett e “Lotta di negro e cani” di Bernard-Marie Koltes.
“Alla meta” è dramma familiare che narra le vicende di una vedova e della figlia, nell’atto della preparazione delle valigie, in attesa, come ogni anno, della tradizionale partenza per il mare che questa volta vedrà la partecipazione, un po’ controversa, di un giovane quasi sconosciuto che la figlia ha recentemente incontrato.
Una figlia ritardata costantemente in piedi, un fantoccio rigido e inanimato dalle movenze macchinose e dalla voce stridula, ed una madre vessatrice che mai si alza dalla sua poltrona, una donna-mostro dal volto mascherato e con un braccio atrofizzato. Infine, un giovane dal viso anonimamente coperto, completa un quadro estremo fatto di personalità allucinanti, ambiziose e cupamente ciniche. Una rappresentazione grottesca ed a tratti ironica è al contempo decisamente critica su alcune tematiche, disorientando e stordendo volutamente.
Pregevole piece dall’allestimento unico, curata in ogni dettaglio, sfrutta la dimensione visiva arricchendola di artifici per trasmettere un malessere ed un profondità altrimenti difficili da rappresentare in altro modo. Perfetta scenografia e costumi, buono anche l’utilizzo misterioso delle luci. Pubblico soddisfatto, senza dubbio colpito positivamente dall’insolito spettacolo, tributa infine il giusto applauso agli ottimi Dall’Ongaro e Deotti.
Milano, Teatro Libero, 04/04/2009
Visto il
al
Marrucino
di Chieti
(CH)