Lirica
ARIEADNE AUF NAXOS

Ariadne aux Naxos al Verdi di Trieste: movimentata e scorrevole nelle mani di Paul Curran

Ariadne aux Naxos al Verdi di Trieste: movimentata e scorrevole nelle mani di Paul Curran

Il teatro di Richard Strauss non gode di troppa fortuna in Italia, si sa. Ma per le imperscrutabili vie del Fato Ariadne aux Naxos - opera non frequente anche per la non facile messa in scena - dopo essere stata rappresenta nel luglio 2020 a Martina Franca, ha visto nel 2022 in pochi mesi ben tre edizioni: ad aprile alla Scala, a marzo al Comunale di Bologna, a giugno al Maggio Fiorentino. Tocca ora al Teatro Verdi di Trieste riprendere lo spettacolo bolognese di Paul Curran, in attesa che lo stesso a giugno arrivi alla Fenice, coproduttore dell'allestimento. Con altro cast, però.

L'apice, forse, d'una fortunata collaborazione

Ariadne aux Naxos è senza dubbio uno dei frutti più felici, se non addirittura il culmine, della feconda collaborazione fra Richard Strauss e Hugo von Hofmannsthal. Quanto vediamo è tuttavia il risultato di una serie di ripensamenti della più ampia concezione iniziale, che s'apriva con un adattamento de Le bourgeois gentlhomme di Moliére corredato di musiche di scena, cui faceva seguito l'opera. 

Unendo in tal modo in un'unica serata prosa e lirica, commistione che destò alterni pareri; nonché perplesse accoglienze, rivolgendosi a pubblici dalle diverse aspettative. Al punto da indurre gli autori a sdoppiare le cose, lasciando Moliére a camminare da solo, ed aggiungendo all'Ariadne un ampio Prologo. Di fatto, un vero e proprio atto primo, che anticipa e spiega quanto andrà a seguire.

 

Un'opera allungata d'un atto

Prologo che, tra l'altro, diviene spunto per un'animata e gustosa descrizione di un 'dietro le quinte', con i consueti contrasti, intrallazzi, capricci, innamoramenti, prima di porre in teatralissimo contrasto nella seconda parte opera seria e opera buffa, figure mitologiche e maschere della commedia dell'Arte. 

Un ridente pastiche sostenuto da un organico strumentale estremamente duttile, ed insolitamente contenuto (almeno per Strauss), con gli archi virati al grave, un piano usato ; mischiando spiegata cantabilità d'ascendenza wagneriana o schubertiana (per Arianna, Ninfe, Bacco, il Compositore), colorature belcantistiche (Zerbinetta), cadenze comiche (il Maestro di musica, le quattro maschere, il Maestro di ballo). Ma anche spunti musicali derivanti dal mondo dell'operetta.

Personaggi mitologici e maschere dell'Arte

Ariadne e Bacchus sono interpretati da Simone Schneider ed Heiko Börner. Nulla da eccepire sulle loro performances, di considerevole impegno dovendo cimentarsi – e lo fanno benissimo, con pienezza di doti vocali e fine musicalità - con una raffinata parodia del tonante e sfogato canto wagneriano; semmai manca loro il physique du rôle di due giovani amanti. 

Liudmila Lokaichuk porta in scena una raggiante e deliziosa Zerbinetta, risolvendo con brio e disinvoltura le colorature della sua  pirotecnica doppia aria, un trionfo di abbellimenti vocali. Der componist tocca al mezzosoprano olandese Sophie Hagen, travolgente nello slancio idealistico di «Sein wir wieder gut»; con lei, quale Musiklehrer è il bravo Marcello Rosiello.


Nayade, Dryade ed Echo – le tre ninfe – sono rispettivamente Olga Dyadiv, Eleonora Vacchi e Chiara Natarnicola. Bravissime ed attraenti, sempre. Il quartetto delle maschere – Harlekin, Brighella, Scaramuccio e Truffaldin – è risolto con garbata espressività e naturalezza di canto da Gurge Bevayan, Christian Collia, Mathias Frey, Vladimir Sazdovski. Il Tanzmeister è Andrea Galli; il parruccaio Dario Gorgelè, il lacchè Francesco Samuele Venuti, l'ufficiale Gianluca Sorrentino. L'attore Peter Harl rende bene il glaciale Haushofmeister.

Una concertazione sciolta e brillante

L'Orchestra del Verdi asseconda con slancio e scioltezza la concertazione di Enrico Calesso, portando ad effetto una visione complessiva partecipata, nitida, elegante. Rigorosa e foriera di emozioni insieme. 

Direzione assai abile, pronta a descrivere e mettere in risalto le infinite finezze strumentali di una partitura estremamente variegata, rutilante di combinazioni timbriche e di colori. Ammirevole, poi, nell'assecondare in maniera esemplare il canto. Viene da dire che il lungo soggiorno in terre tedesche del maestro trevisano abbia dato ottimi frutti.

Per finire, la regia di Curran

La regia di Paul Curran – che si avvale di Gary McCann per scene e costumi, e di Howard Hudson per le luci – è qui ripresa con fedeltà da Oscar Cecchi. Nel complesso scorrevole, ricca di colorita teatralità, movimentata al punto giusto; vi vediamo conveniente cura della recitazione, attenzione ai dettagli, talune aggiunte interessanti, come la presenza muta ma attiva dei due fauni e dei due angeli, a rappresentare la commistione di sacro e profano. 

Non tutto fila, però. Perché troviamo un finale di desolante e vuota staticità; e fuori tempo massimo sono le mossettine da 'checca' del Maestro di ballo, buone solo per certo cinemaccio di Lino Banfi o di Alvaro Vitali.

Visto il 25-02-2024
al Verdi di Trieste (TS)