Siamo in Via della Mosca Volante numero 50, al pian terreno di un edificio. Due uomini (Stefano Randisi, Enzo Vetrano) dal passato indefinito convivono con la gallina Santina, il topo Beniamino e la mosca Lucina.
Dove? A casa di chi? Nemmeno chi ci abita conosce i proprietari.
Siamo in un interno chiamato casa, ma in realtà è un bagno, dove una vasca da bagno diventa letto, una gabbia per animali diventa un tavolo da pranzo e la giornata è scandita dal soddisfacimento dei bisogni primari: mangiare, bere, defecare.
L’Assassina di Franco Scaldati messa in scena da Vetrano e Randisi ci rende voyeurs indiscreti di una realtà intima, semplice e concreta, viscerale e bizzarra. Grottesco, surreale, onirico e assurdo si miscelano in uno spettacolo affascinante ambientato in una Sicilia primitiva e genuina - quella del drammaturgo palermitano Scaldati - calata in un tempo sospeso e inafferrabile.
I personaggi sono fatti della stessa materia delle azioni - anzi sono le azioni stesse!- dentro un habitat tangibile, ma popolato di presenze - assenze: comparse e scomparse, radioline che si accendono e spengono da sole, quadri parlanti – possono anche cantare musica popolare! - alternanza di buio e luce.
Il tempo è quello beckettiano dell’attesa, i ritmi di recitazione sono lenti, le pause lunghe. I due protagonisti - coniugi (?) o l’uno il doppio dell’altro (?) – sembrano due marito e moglie giunti all’età senile, si stuzzicano vicendevolmente con botta e risposta che sfiorano il confine dell’assurdo, dentro situazioni di vita quotidiana. Dei rumori off “disturbano” la quiete domestica, ma non si arriverà mai a scoprirne la fonte.
La perdita di senso legata al leitmotif della domanda senza risposta, alla reiterazione dei gesti, al non riconoscersi in se stessi e negli altri – “chi è? Io non ti conosco. Se non è sogno e non è vero, chi è?” , “sicuro che non sei uno spirito?” chiede uno all’altro - si unisce alla tangibilità del linguaggio parlato: il dialetto palermitano. Una lingua concreta, in grado di esprimere un concetto attraverso poche o singole parole ( N.B.! lo spettacolo è introdotto da una piccola lezione di dialetto palermitano).
L’Assassina è uno spettacolo che procede per paradossi, contrasti, ambiguità e dialoghi surreali che creano un circolo di “assuefazione” divertente verso la ricerca nostalgica di una direzione, di una definizione, di una risposta: “E la mia casa qual è?”
E’ la condizione stessa dell’esistenza umana: non trovare risposte, continuare a cercare.
Quello di Scaldati è un mondo altro, dove atmosfere insolite e oniriche trovano le premesse nella texture di una materia fatta di carne e sensazioni e nella vita più autentica.