Cinque donne chiuse in una stanza: anche quelle che sembrano andare in giro per il mondo, in realtà sono sempre collegate a quel microcosmo con fili invisibili. Si può riassumere così questo Autunno in aprile di Carolina África Martín Pajares.
Una madre, quattro figlie ormai adulte, un padre che non c’è più e forse non c’è mai stato, un universo che inizia e finisce in quattro mura. Un mondo claustrofobico, visto al femminile, dove gli uomini praticamente non vengono nemmeno nominati: che tanto non servono.
Il mondo fuori però è completo, complicato, e incombe con la sua complessità: lavoro, relazioni vere e virtuali, social, parentele, soldi, influencer, televisione, una pioggia perenne alla Blade Runner, la gravidanza vissuta contemporaneamente come un incubo e una realizzazione. Emblematica la scena iniziale, con la madre che danza da sola mentre il mondo le si rovescia addosso.
L'influenza di Pedro Almodovar
Un déjà vu di nettissima impronta Almodovariana: forse non troppo innovativo, ma comunque efficace e suggestivo. La madre è costretta ad avere una visione semplificata e lineare del mondo. La obbligano la predisposizione personale e generazionale, e soprattutto le difficoltà che derivano dall’aver dovuto crescere quattro ragazze da sola.
Le figlie al contrario sono universi complessi: affrontano il mondo ciascuna a suo modo, alle prese con nevrosi e idiosincrasie che sono anche un modo di difendersi e rappresentarsi. Il tema di fondo, il filo conduttore che lega le cinque esistenze, è sempre il solito: ad un certo punto bisogna tagliare il cordone ombelicale, bisogna scappare per poter poi ritornare e costruire un universo affettivo da adulti.
Fiammetta Bellone, Sara Cianfriglia, Elena Dragonetti, Alice Giroldini, Barbara Moselli sono molto credibili, passando con naturalezza dai registri drammatici a quelli del comico. Carolina África Martín Pajares a 40 anni ha smesso da un pezzo di essere una giovane promessa del teatro iberico: oggi è uno dei nomi più importanti della scena teatrale di lingua spagnola. La regista Elena Gigliotti, nata alla scuola di quello che un tempo era il Teatro Stabile di Genova, ha trovato un adattamento perfetto del testo di Martin Pajeres per il pubblico italiano.