Prosa
BAHAMUTH

Chi è Bahamut? E' il pesce de…

Chi è Bahamut? E' il pesce de…
Chi è Bahamut? E' il pesce della mitologia mussulmana che regge il toro che regge la Terra? E' solo una rappresentazione fatta dall'uomo? Ma se ogni sforzo conoscitivo è impedito dalla nostra inevitabile umanità è davvero importante chiedersi chi è Bahamut? Realtà e finzione, disperazione e divertimento, in Bahamut, Antonio Rezza mette in scena tutto questo e molto altro ancora. Perché forse è più importante quello che non si comprende, che neppure si vede, il vuoto, di ciò che si comprende e che si vede, il pieno. L'assenza di narrazione, il procedere per colorati frammenti di storie e la presenza costante di diversi piani di comprensione (o di incomprensione) rendono questo spettacolo più ambiguo e confuso dei precedenti lavori che compongono la trilogia, Pitecus e IO, e la sensazione è che tale effetto sia imposto proprio dal totale allontanamento dall'idea stessa di racconto e dall'impossibilità di una comprensione reciproca. In un lavoro di destrezza, Rezza dà vita con la sua fisicità violenta a personaggi paradossali, assurdi, eppure in qualche modo fin troppo reali: il paraplegico dal vestito dorato che si inginocchia, ma mai di fronte a Dio; il nanetto in verde che agisce nel buio; il crudele padrone Porfirio e l'onnipresente signora Porfirio; il sindacalista che si arrende; la persona che cerca Dio nei luoghi di villeggiatura. Sono personaggi surreali che pur mostrando la loro disperazione assoluta, non possono far altro che scatenare risate per niente liberatorie. La scena creata da Flavia Mastrella, è costituita da una scatola distorta dalla prospettiva, vuota abbastanza da essere riempita dai significati opportuni. Una scatola che da rappresentazione di scatola diventa rappresentazione di albergo, di orologio o di discesa sciistica. La scenografia, così come l'uso di colori innaturali che fanno pensare a costruzioni di plastica, è fondamentale per trasportare lo spettatore in una dimensione immaginaria. Dimensione che Rezza, con le sue continue e crudeli provocazioni, distrugge e ricostruisce durante tutto lo spettacolo. Proprio nel rapporto tra diversi piani di realtà e finzione si riconosce l'ispirazione di Borges. Se non si può parlare di comprensione tra autore-attore e pubblico, per la durata dello spettacolo si può certamente parlare di condivisione di un percorso sospeso tra mondo reale e illusione. In questo gioco di piani diversi, il pubblico non può fare a meno di perdersi, di cadere nei tranelli e nelle provocazioni di Rezza, ma anche di divertirsi e ridere in modo politicamente molto scorretto delle disgrazie rappresentate. Genova, Teatro Duse, 7 novembre 2007
Visto il
al TPE Teatro Astra di Torino (TO)