Lirica
BEATRICE DI TENDA

Beatrice di Tenda di Bellini, il ritorno di un capolavoro

Angela Meade
Angela Meade

Un’opera relativamente poco praticata dagli enti lirici, eppure bellissima: è la Beatrice di Tenda, capolavoro tardivo di Vincenzo Bellini. L'opera s'iscrive in una fase matura della carriera artistica di Bellini, posizionandosi tra le sue opere più significative nonostante le iniziali accoglienze tiepide (la mitica soprano Giuditta Pasta quasi contestata al debutto, marzo 1833).

Il libretto di Felice Romani, ricco di momenti lirici potenti e con una psicologia dei personaggi sfaccettata, insieme alla maestria compositiva di Bellini, la sera della prima al Carlo Felice di Genova ha offerto una serata di alto valore artistico. 

 

Il direttore Riccardo Minasi, con il suo gesto ampio e al contempo imperioso, ha saputo trasmettere con passione la bellezza delle lunghe melodie belliniane, guidando l'orchestra e i cantanti in un viaggio emotivo che ha coinvolto profondamente il pubblico.

Minasi imbevuto dalle melodie di Bellini

Minasi è apparso da subito imbevuto dalle melodie di Bellini, interiorizzandole fino a restituirle nel gesto rivolto all’orchestra: un’emozione a vedersi. Pubblico e interpreti hanno risposto a tono, con altrettanta partecipazione, supportati anche da un perfetto coro preparato da Claudio Marino Moretti.


L’approccio attento di Minasi ha permesso a ogni frase musicale di respirare, rivelando la profondità e la delicatezza dell'opera. Angela Meade, nei panni della protagonista Beatrice, ha dimostrato una maestria vocale impressionante, con un fraseggio e un'estensione che hanno catturato l'attenzione fin dalle prime note. 

Voce di ferro in guanto di velluto

Accanto a lei, un cast di altissimo livello ha contribuito a rendere questa serata indimenticabile. Mattia Olivieri ha interpretato un Filippo Maria Visconti di grande spessore, voce di ferro in guanto di velluto e con una vocalità sospesa tra l’eleganza e la crudeltà.


Francesco Demuro, nel ruolo di Orombello, è apparso a tratti irresistibile. Tenore capace di acuti formidabili, fino ai sopracuti, è stato in grado di abbandonarsi a un ripiegato “Angiol di pace” nel terzetto con Beatrice e Agnese.

Carmela Remigio nel ruolo di Agnese, la rivale di Beatrice, è riuscita a tenere botta nei confronti di un restante cast più adatto a navigare nelle infinite e sfiancanti melodie belliniane. Da sette e mezzo anche l’Anichino di Manuel Pierattelli e il Rizzardo del Maino di Giuliano Petouchoff.

Carmela Remigio

Tre ore piene di intensità ed emozione

Tutti insieme hanno arricchito la performance con le loro interpretazioni intense e cariche di emozione. La regia di Italo Nunziata, pur essendo lineare e rispettosa del testo, ha saputo offrire una lettura chiara e coinvolgente dell'opera, supportata da scene evocative di Emanuele Sinisi e dai costumi di Alessio Rosati, che hanno creato un'atmosfera suggestiva, in linea con il contesto storico e emotivo dell'opera. 

La performance corale ha saputo valorizzare ogni aspetto dell'opera, dalla musica all'interpretazione vocale, dalla regia alla scenografia.


Andando nel dettaglio, si capisce subito che tira aria di capolavoro con la bellissima frase musicale “Quei fogli, Filippo, quei fogli mi rendi. Infami il tuo nome. Io sono innocente”: una frase degna del miglior Bellini, piazzata nel primo atto al centro del duetto fra Filippo e Beatrice. E si percepisce il livello della passione e dei sentimenti che stanno per andare in scena. Il tardivo capolavoro belliniano è un collier pieno di gemme. 

Una protagonista austera e incorruttibile

La protagonista Beatrice, austera e incorruttibile, affronta una dopo l’altra una serie di splendide arie soliste: dalla cavatina iniziale al finale con la stupenda “Ah! Se un’urna è a me concessa”.  Si racconta che Chopin amava così tanto quest’aria che la volle ascoltare poco prima di morire.


Per un’opera raramente rappresentata e che mancava da Genova da sessant’anni, l’allestimento è stato impeccabile: niente improbai ili e non richiesti colpi di genio ma un lavoro  necessario da professionisti filologicamente attenti al testo e alla musica.

Il dramma raccontava le oscurità dell’animo umano, senza speranza e lieto fine: un mood reso alla perfezione dal buio sul palco nelle scene scure di Emanuele Sinisi. Ottimi i costumi a doppio registro di Alessio Rosati, con gli uomini vestiti come all’epoca in quei è andato in scena il dramma (1833) e le donne vestite come all’epoca di Beatrice di Tenda, nel XV secolo.

Visto il 15-03-2024
al Carlo Felice di Genova (GE)