Lirica
BéATRICE ET BéNéDICT

Bèatrice et Bénédict: Michieletto mette la felicità dell'Eden in gabbia 

Bèatrice et Bénédict
Bèatrice et Bénédict

Prima assoluta per l'òpera-comique Bèatrice et Bénédict di Hector Berlioz, al teatro Carlo Felice di Genova, allestimento in collaborazione con lOpéra di Lyon. 

Il sovrintendente Claudio Orazi, che vuole sempre stupire il pubblico di inizio stagione proponendo qualcosa di insolito e innovativo, quest'anno si è superato: Bèatrice et Bénédict infatti era sconosciuta anche agli appassionati di lirica, dato che non era mai stata rappresentata in Italia.

 

GLI SPETTACOLI
IN SCENA IN ITALIA

Le caratteristiche dell'ultima opera lirica composta da Hector Berlioz sono presto dette. Musica innovativa per l'epoca in cui è stata scritta (1860), avvolgente, coinvolgente e a tratti rivoluzionaria. Trama e intreccio inesistenti, per mano dello stesso Berlioz che ha sforbiciato forsennatamente il soggetto originario tratto da Molto rumore per nulla di William Shakespeare, espungendo dal libretto ogni conflitto, imprevisto, colpo di scena e complessità psicologica. 

Recitativi eliminati e trasformati in recitazione, con tanto di microfoni e stativi che diventano parte ricorrente e importante della scenografia. In questo quadro, l'onere di dare spunti di riflessione e di interpretazione è rimasto quindi tutto in capo alla regia e - appunto - alla scenografia.

Riflessione sull'amore, con regia dominante

Non ci sono antagonisti, complicazioni, trame secondarie: Bèatrice et Bènèdict è una pura e semplice riflessione sull'amore nelle sue declinazioni, che variano da persona a persona.

Il regista Damiano Micheletto, lo scenografo Paolo Fantin e il costumista Agostino Cavalca danno vita a un allestimento contemporaneo, che passa da chiari riferimenti a certe suggestioni tratte da 2001 Odissea nello Spazio di Stanley Kubrick alla dichiarata ricostruzione dell'Eden di Adamo ed Eva e al suo stato di natura. Un mimo-scimpanzè fa da trait d'union tra 2001 e l'Eden. 


Curatissimi nei dettagli i costumi e i movimenti in scena pensati da Chiara Vecchi. Per cucire le varie parti dell'opera, Berlioz si affida a un personaggio che in Shakespeare non c'è: il maestro di cappella Somarone (Ivan Thirion). Quando canta, Somarone è un basso: per il resto si aggira sul palco con un microfono e un magnetofono a tracolla, simulando di essere impegnato in perenni registrazioni in presa diretta. 

Che sarà un'opera strana il pubblico se ne accorge subito: il sipario si alza appena inizia l'ouverture, si vedono solo tre pareti di un bianco abbagliante e una selva di microfoni con relativo treppiede. Poi arriva tutto il coro: i coristi non cantano ma recitano; si impossessano ciascuno di un microfono e lo brandiscono muovendosi sul palco, con Somarone che dà disposizioni. Alla fine dell'ouverture, quando il coro inizia a cantare, si capisce che si trattava della popolazione di Messina, impaziente di tributare i giusti onori ai trionfatori della guerra contro i mori.

 


Poi arriva anche Leonato, il governatore di Messina, che non canta perchè è un attore (Gèrard Robert Tissot). Con l'arrivo degli altri personaggi ad iniziare dal generale Don Pedro (Nicola Ulivieri, basso) ben presto si capisce che alla base di tutto c'è la contrapposizione tra due coppie. Da una parte ci sono Hèro (Benedetta Torre, soprano), figlia di Leonato che aspettava il ritorno dalla guerra del suo amato Claudio      (Yoann Dubruque, baritono) per sposarsi con tutti i crismi e i preparativi del caso. E' la coppia “tradizionale”. 

La coppia tradizionale e la coppia ribelle

Dall'altra parte ci sono l'ufficiale Bènèdict (Julien Behr, tenore) e Béatrice (Cecilia Molinari, soprano), nipote di Leonato: passano il tempo a battibeccare tra loro come i ragazzini fino a quando, a causa di una macchinazione degli altri, scoprono di essere in realtà innamorati. 


Ma è una coppia moderna, dominata dalle passioni, impulsiva, fuori dalle convenzioni sociali. Bèatrice e Bènèdict mettono da parte provvisoriamente l'antagonismo solo per mettere in scena un matrimonio un po' posticcio: riservandosi di riprendere quanto prima le ostilità per affermare ciascuno la propria personalità e indipendenza anche all'interno del talamo nuziale. 

Un altro tratto moderno di Berlioz. Nell'Eden ci sono Adamo ed Eva, nudi come mamma li ha fatti (i mimi Alessandro Percuoco e Miryam Tomè); lo scimpanzè, che rappresenta lo stato di natura per eccellenza (il mimo Amedeo Podda); Bèatrice e Bènèdict che si aggirano tra le piante come in cerca di sé stessi.


A questo punto le porte sono aperte per l'interpretazione delle simbologie. Adamo ed Eva prima vengono privati della libertà naturale e vestiti a forza nel paradiso terrestre dagli invitati alle nozze di Claudio ed Hèro; poi vengono rinchiusi in due gabbie di vetro sospese in aria a simboleggiare le convenzioni sociali, mentre sotto di loro Claudio ed Héro si sposano: la stessa sorte di due farfalle che prima vengono liberate e poi nuovamente rinchiuse. 

La felicità naturale finisce in gabbia

Va in scena lo stato di natura che viene imbrigliato nella convenzione della vita sociale e del matrimonio. Il passaggio dall'Eden alla vita reale è traumatico: il pavimento su cui sono posate le piante si ribalta, si alza mentre il mondo naturale crolla e si trasforma nella rete di una gabbia che diventa la quarta parete. La rete è quella costruita dagli altri protagonisti dell'opera, che prima vogliono burlarsi di Bèatrice e Bènèdict e poi trasformano lo scherzo in realtà omologatrice.

 


Dal punto di vista musicale, eccellente la direzione di Donato Renzetti, dall'Ouverture in poi. Un palmo sopra gli altri (anche per necessità di trama) Cecilia Molinari e Julien Behr. Benedetta Torre nel ruolo di Hèro fa quello che può davanti a una partitura che alla scena sesta la mette di fronte ad un'aria difficilissima  (Je fais le voir!) con chiusura ancora più impervia dell'inizio. 
Forse sarebbe stata necessaria una voce con caratteristiche più belcantistiche. Appena sufficiente il Somarone di Ivan Thirion.

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Visto il 30-10-2022
al Carlo Felice di Genova (GE)