Proviamo ad immaginare il mondo nel 1797, all'indomani della Rivoluzione Francese quando ogni assembramento di uomini faceva temere all'autorità costituita una possibile esplosione di collera, ed il possibile contagio con il morbo giacobino che si stava espandendo. In questo clima naviga “Indomitable”, il vascello da guerra inglese a caccia dell’odiato nemico francese.
L’opera di Benjamin Britten, dalla novella omonima di Hermann Melville, narra la vicenda di Billy Budd, un giovane marinaio arruolato con la forza insieme a due altri compagni rapiti da una nave dal nome emblematico Diritti dell’uomo. A bordo ogni lieve mancanza viene duramente punita con frustate e vessazioni, ma il giovane Billy, trovatello senza storia, si adatta volentieri a quella che sarà la sua nuova casa e conquista tutti con la sua disponibilità e con la sua prestanza fisica. Il maestro d’armi Claggart non accetta i pensieri “depravati” (da lui stesso così definiti) che il giovane gli suscita e progetta di distruggerlo con accuse infamanti. Billy Budd in un impeto di rabbia con un solo pugno uccide il suo accusatore e, malgrado i sentimenti provati per il giovane, il Capitano Vere lo processa e lo condanna a morte.
Luci narranti
Il palcoscenico è una opprimente selva di cime penzolanti, di vele ammainate, mentre sottocoperta oscillano le amache dell’equipaggio costretto a dividere il poco spazio in una disumana promiscuità. La regista Deborah Warner gestisce con sapienza il numeroso cast enfatizzando il clima claustrofobico della storia grazie anche alle splendide luci di Jean Kalman che sono effettivamente “narrative”.
In particolare, sono efficacissime nel contrappuntare, insieme alla musica, il momento della nebbia e della mancata battaglia. Il mare non si vede, ma se ne percepisce la presenza grazie ad un ponte oscillante che fa immaginare lo sciabordio delle onde. Verso la fine, con pudore quasi religioso, la regia trasforma l’esecuzione della pena di morte in una ascensione al cielo, non si vede il condannato penzolare, ma salire verso il pennone più alto.
Britten al top
Benjamin Britten in quest’opera cita e rielabora tutte le convenzioni del teatro in musica, dalla presenza del Leitmotiv, che presenta ognuno dei protagonisti, alle arie, ai duetti, ai terzetti, agli interludi sinfonici. Il malvagio Claggart è evocato dal suo tema anche quando ne parlano altri, il tema di Billy è dolce, sottolineato dalle note acute del flauto e dei violini. Inoltre, il suo canto è disteso e dichiaratamente tonale. Anche l’equipaggio ha un leitmotiv (“O heave! O heave away!”) che ogni tanto compare nell’opera, soprattutto quando si parla del temuto ammutinamento.
I preparativi della imminente battaglia ed il processo con la conseguente esecuzione sono sottolineati dagli eroici ottoni di ambiente wagneriano, mentre la riflessione di Claggart alla fine del primo atto ricorda esplicitamente Iago dell’Otello verdiano. La direzione dell’esperto James Conlon è ricca di sfumature ed esalta la prestazione dei bravissimi cantanti e soprattutto dello splendido coro come al solito preparato da Roberto Gabbiani. L’ascolto impegnativo ha tenuto lontano qualche affezionato spettatore, peccato perché la proposta culturale di grande valore conferma il felice momento della gestione e merita l’apprezzamento di tutti.
Spettacolo: ”Billy Budd”
Visto al Teatro dell’opera di Roma.