BRAT (FRATELLO) CANTIERI PER UN’OPERA ROM

Brat, come dire Brother

Brat, come dire Brother

Andare a teatro per vedere uno spettacolo, che non è tanto una meraviglia dal punto di vista dei talenti, può invece essere l’occasione per partecipare a un momento di riflessione su un popolo oggi davvero calpestato: quello dei Rom. Potremmo ricordarci, ad esempio che, da quando esistono, i Rom non hanno mai rivendicato sovranità territoriale, mai preteso di coniare monete, mai creato divise per eventuali eserciti, non hanno mai pertanto posto ad altri alcun confine. Vorrebbero solo essere ricambiati e girovagare oppure fermarsi liberamente in luoghi del pianeta Terra senza essere continuamente discriminati e costretti a lavori che non li rappresentano al meglio delle autentiche potenzialità possedute.

Detto ciò, Tieffe Teatro Menotti, nella sua nuova sede e fino al 5 dicembre, ospita una ventina di Rom che da tre anni, grazie all’iniziativa di italiani costituitisi nei Cantieri Teatrali Koreja, hanno stabilito ottimi rapporti con numerosi giovani serbi fino a poter creare una compagnia e uno spettacolo che ha vinto il Premio Internazionale ‘Teresa Pomodoro’ per Teatro dell’Inclusione 2010. Lo spettacolo si intitola BRAT, che in serbo significa fratello e trae ispirazione dall’Opera del Mendicante di John Gay, da cui Kurt Weil trasse assieme a Bertolt Brecht la notissima ‘Opera da quattro soldi’.

Ecco i loro nomi: Lazic Vukosava, Miladinovic Marija, Mladenovic Marija, Pasti Ana, Petrovic Darko, Petrovic Igor, Maria Rosaria Ponzetta, Ramadani Ferdi, Redzepi Ajnur, Sabani Emran, Sulejmani Senad, Stojanovic Marko, Todorovic Danijel, Vulic Andjelka, Guberinic Miljan, Ibraimi Ajnur, Kriziv Damir, Kurtisi Sead. La regia e l’adattamento è di Salvatore Tramacere, leccese e il tutto ha goduto del sostegno di Teatro Pubblico Pugliese. Le musiche sono di Admir Shkurtaj, eseguite dal vivo da Giorgio Distante, Redi Hasa e Admir Shkurtaj. Il progetto è stato curato a Franco Ungano.

Inutile confrontarli ad altre esperienze teatrali, però: questi giovani inventano tutto, mettono tre musicisti sul palco, un violoncello, una fisarmonica e una tromba, gli altri recitano, ballano e cantano ma sempre in modo goffo, volutamente, perfino scambiandosi i ruoli. Alcuni maschi interpretano delle femmine e viceversa, in maniera interessante e curiosa. Dicono di aver cercato di dare un senso e una verità alle parole originali dell’opera di Gay, molto incisive, d’altronde. Così vediamo un chiaro mondo di corruzione, malavita, donnacce, ladri, ricettatori e un capo di polizia che arraffa soldi a go go.

Brat, però, non ha certo un’anima pura e farà la fine del capro espiatorio. Il che diventa l’occasione per un discorso davvero rivolto al pubblico in platea, in cui i giovani domandano: “Perché dobbiamo scomparire? Perché vietarci di lavorare e costringerci all’elemosina o al furto se poi finiamo scacciati o confinati?”. Ma, non volendo lasciare troppo sconcerto in platea, il gran finale consiste in  musica tzigana con i giovani e le giovani della compagia in mezzo al pubblico, invitato a ballare insieme a loro per alcuni momenti di allegria condivisa. La compagnia Cantieri Teatrali Korja presenta, sempre al Teatro Menotti, Doctor Frankenstein dal 7 al 12 dicembre prossimi e pure questo sembra un appuntamento  interessante.

 

Visto il 01-12-2010
al Menotti di Milano (MI)