Forte di un abbondante repertorio di teatro civile, la compagnia siciliana Esiba Arte presenta nella rassegna Stazioni di emergenza un ritratto di contadini siciliani in epoca di latifondo – dunque prima della riforma agraria del 1950 – collocata forse a ridosso dell’immediato dopoguerra, forse ancora più indietro nel tempo. La caratterizzazione sociolinguistica, ben più marcata di quella storica, spinge il testo verso una dimensione esemplare, che raggiunge lo spettatore senza uno specifico nesso alle vicende storiche, ma quasi come paradigma della condizione subalterna di un certo gruppo sociale in Sicilia, o in un metaforico Sud. Con un’intuizione forse più apprezzabile dell’esito la regia evita di appiattire la proposta scenica sul canone realistico-narrativo, moltiplicando con una certa libertà i registri espressivi, e scongiurando così il ripiegamento verso il teatro di genere. Superati perciò i quadri più “realistici”, fatti di piccola quotidianità intrecciata alla riflessione dei protagonisti, di maggior riuscita appaiono i segmenti drammaturgici “fuori stile”: la voce dei nobili latifondisti, inscenata con elementi mimico-surreali (una delle parti migliori, che meriterebbe maggior audacia); la cinica vacuità della politica, resa attraverso la caricatura grottesca; l’elemento antropologico di contesto, restituito in un farseggiante dialogo di figure femminili: soluzioni creative che rendono leggerezza alla scrittura scenica e proteggono il lavoro dall’incombenza della retorica. Probabilmente il testo risulterebbe ancor più tonico se a questi momenti fosse più arditamente affidato il baricentro della drammaturgia. Molto intensa la prova dei tre attori, capaci di una vocalità plastica e versatile e di una corporeità comunicante, degna perciò di maggior spazio, anche per compensare la scelta di una scenografia più che essenziale.
Galleria Toledo - Napoli, 4 ottobre 2009