La stagione sinfonica 2022/23 del Teatro alla Scala è stata inaugurata da una straordinaria esecuzione della Sinfonia n. 3 di Gustav Mahler diretta da Daniele Gatti, solista il mezzosoprano Elina Garanča.
Una sinfonia cosmogonica
Seconda delle sinfonie che prevedono l’impiego della voce umana, la terza è la più imponente del corpus mahleriano per durata ed organico richiesto dopo l’ottava. Nella concezione dell’autore questa partitura, che venne eseguita per la prima volta esattamente 120 anni fa, nel 1902, rappresenta una sorta di cosmogonia idealmente collegata a “quel mondo di lotta e dolore” che era stato oggetto della prima e della seconda sinfonia. Mahler pensava ad una storia della creazione che, partendo dalla materia inerte ed inanimata, si sviluppasse verso forme di esistenza più elevate: le piante, gli animali, l’uomo.
GLI SPETTACOLI
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Il primo movimento si apre con un tempo di marcia funebre che simboleggia la “natura rigida e senza vita” ed il lamento della vita incatenata che Gatti ha reso con una lettura estremamente analitica, finalizzata ad una ricerca timbrica che ne esaltasse i contrasti. Un suono materico, quasi granitico ha impresso a tutto il movimento una plastica tridimensionalità, quasi le note venissero scolpite dai singoli strumenti guidati dal gesto asciutto ma sempre carico di tensione del Maestro.
Dal naturalismo alla melodia pura
Dopo una breve pausa, che ha coinciso con l’ingresso dei del Coro femminile e del Coro di voci bianche del Teatro alla Scala diretti rispettivamente da Alberto Malazzi e Bruno Casoni, hanno fatto seguito il secondo movimento dedicato ai fiori dei prati ed il terzo ovvero il “brano degli animali” caratterizzati da sonorità più leggere e delicate che hanno colto lo spirito gioioso di queste pagine, nelle quali riecheggiano anche i versi degli uccelli, ma anche la malinconica poesia data dagli assoli della cornetta di postiglione che, per una felicissima intuizione di spazializzazione sonora, suonava dal foyer del teatro.
Altrettanto efficace la scelta di posizionare il mezzosoprano sul lato destro del palcoscenico di fronte alle arpe che, sole con i contrabbassi, accompagnano la voce nel misterioso ed evocativo attacco del “Lied di mezzanotte” tratto da Così parlò Zarathustra di Friederich Nietzsche.
Magnifica l’interpretazione di Elina Garanča, dotata di una profonda sensibilità dal punto di vista interpretativo e di un meraviglioso registro medio-grave che nel quinto movimento si è perfettamente fuso con i due cori, in tale stato di grazia da evocare realmente la musica degli angeli, come prescriverebbe l’autore. Ispiratissimo anche il finale, in cui la melodia mahleriana, affidata agli archi, trova la sua massima espressione grazie ad un’orchestra dalla straordinaria tavolozza cromatica che spicca anche negli innumerevoli passaggi solistici che la partitura richiede.
Entusiasta al termine la risposta del pubblico che esauriva il teatro che ha premiato l’esecuzione con oltre dieci minuti di applausi.