I programmi dell’Istituzione Universitaria dei Concerti sono stimolanti perché riservano sempre sorprese: è il caso del concerto della violinista moldava Patricia Kopatchinskaja e del pianista turco Fazil Say, che si sono esibiti nell’Aula Magna con tre opere particolarmente significative della letteratura di questa formazione.
La serata è iniziata con la Sonata (1914) di Leos Janacek, un’opera in quattro movimenti di singolare espressività. Solo nel secondo movimento Ballade i due strumenti dialogano e si integrano, secondo il solito schema canto-accompagnamento, nel resto si esprimono indipendentemente uno dall’altro in un’atmosfera di contrasti violenti. Lo stile del compositore risente del suo interesse per il linguaggio parlato con il suo soffermarsi sulle pause e sugli accenti, il violino raramente si abbandona ad un canto disteso, mentre il pianoforte viene usato spesso in maniera percussiva e ossessiva.
GLI SPETTACOLI
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Un inedito Brahms rabbioso
Segue poi un monumento di questa letteratura la Sonata n. 3 in re minore op. 108 di Johannes Brahms, di cui i nostri protagonisti danno una lettura sorprendente. La sognante malinconia tipica del prolifico compositore amburghese cede il posto ad una esecuzione violenta, quasi rabbiosa appena stemperata dalle eteree melodie dell’Adagio in cui il violino si libera dell’aggressività del partner.
Nel terzo tempo il violino si abbandona al ritmo con figure brevi, nervose, ogni intento melodico è abbandonato i due strumenti si inseguono in una contesa ritmica che prelude al Presto agitato finale che vede la serrata alternanza tra i due strumenti.
Musica colta e tradizioni popolari
Dopo l'intervallo è la volta di Béla Bartok con la sua Sonata n. 1 Sz 75 per violino e pianoforte. Tutta l’opera del compositore ungherese risente dell’universalismo delle culture centro europee in particolare dei lasciti del romanticismo, la peculiarità della sua opera è l'integrazione di queste tradizioni con il recupero della musica popolare, in particolare con le sonorità e i ritmi legati alla cultura tzigana che già aveva affascinato Liszt e Brahms.
In questa Sonata il protagonista è indubbiamente il violino, ma il ruolo del pianoforte non è del tutto ancillare, anzi i due strumenti procedono indipendenti e paralleli per gran parte del tempo.
I ritmi spesso ossessivi sono ben sottolineati anche dall’atteggiamento dei due musicisti che sembrano particolarmente coinvolti emotivamente, Fazil Say libera spesso la mano destra dalla tastiera e si lascia andare ad ampi gesti di direzione, sembra di fronte ad una orchestra, mentre Patricia Kopatchinskaja si libera delle scarpe e, a piedi nudi, appena nascosti nel lungo abito bianco, si esibisce in una vera e propria danza mentre suona il violino. I trascinanti ritmi della musica di Bartok coinvolgono anche il pubblico che fa fatica a restare seduto.
Folta presenza di cittadini turchi richiamati dal grande pianista, applausi prolungati ed affettuosi al prestigioso duo, ma le pressanti richieste di bis vanno parzialmente deluse, c’è solo un brevissimo, etereo cammeo di Bela Bartok a concludere la bella serata musicale.