Prosa
IL CORPO PERFETTO

Ironia e paradossi nella ricerca del Corpo Perfetto

Lavinia Savignoni
Lavinia Savignoni

Lavinia Savignoni dimostra tutta la sua camaleonticità. Passa dal serio al grottesco con una facilità disarmante, regalando al personaggio quella frenesia di chi lotta contro il tempo senza sapere dove in realtà questo tempo finisca.

In un mondo ossessionato dalla cura del corpo per mantenere la perfezione della macchina umana, tra ricette bio e colpi di selfie, si fa largo il desiderio di esplorare le reali necessità interiori. Un desiderio che diventa però tormento e frenesia tanto più a lungo non si è dato ascolto a quanto viene urlato nell’animo. Con questa ricetta fatta di ingredienti succulenti come l’ironia e la commozione, nasce Il Corpo Perfetto, scritto, diretto e interpretato magistralmente da Lavinia Savignoni.

Parte tutto da un programma

La scena si mostra immediatamente, è aperta al pubblico e troviamo una giovane quarantenne indaffarata a posizionare post it sparsi sullo specchio per annotare gli appuntamenti telefonici che riceve in presa diretta. Gli oggetti di scena sono ordinati con logica ma in totale contrasto tra di loro, anticipando il caos interiore che la protagonista svelerà durante lo spettacolo. Un’uscita di scena (l’unica) per poi rientrare e dare inizio allo spettacolo. Scopriamo subito che la sua intenzione è prepararsi per un programma televisivo da lei stessa ideato nel quale al pubblico viene spiegata l’importanza di mantenere un corpo in salute.

Le prove però diventano solo il pretesto per dare voce a ricordi, paradossi, controsensi di chi in realtà ha bisogno di uscire dalla costruzione patinata di se, attraverso anche lo specchio deforme dei social network e le voci di chi, con la sua autorevolezza (la figura della nutrizionista) instilla nella protagonista l’obiettivo del riconoscimento sociale.

Un crescendo ossessivo-compulsivo a lieto fine

In questo scorrere veloce delle battute, sorretta da una regia lineare ma non scontata e da musiche che puntellano con grazia in pochi passaggi particolari, la Savignoni dimostra tutta la sua camaleonticità. Passa dal serio al grottesco con una facilità disarmante, regalando al personaggio quella frenesia di chi lotta contro il tempo senza sapere dove in realtà questo tempo finisca. Fortunatamente, tra le mille facce di memorie e concetti distopici, il personaggio ritrova per un momento la strada, l’unica strada che ci rimane da percorrere per poterci definire persone che quantomeno hanno provato a vivere felici: la strada dell’umiltà e della semplicità. Lavinia lo fa attraverso la figura del padre, in un momento commovente dove tutto il caos che ha regnato precedentemente, defluisce a vantaggio di una dilatazione delle battute che fanno commuovere e godere di una sua trasformazione inaspettata. Un testo godibile che lascia sicuramente un segno e un invito alla lotta contro la megalomania di chi ci vuole assoggettaci, utilizzando la fragilità come arma di conquista.

Visto il 26-10-2018
al Brancaccino di Roma (RM)