Un Così è (se vi pare) interpretato in modo classico, filologicamente pirandelliano nella tematica e nella costruzione del dramma. Alla base di tutto c'è uno dei temi preferiti dal premio Nobel siciliano: l'inconoscibilità del reale, il relativismo del vero, la soggettività e incomunicabilità della cosiddetta realtà.
L'opera è frutto di un'epoca che vedeva l'affermarsi della psicoanalisi come mezzo per comprendere non solo i meccanismi della mente umana ma anche gli stessi confini del reale, come emergono dalla percezione di ciascuno.
GLI SPETTACOLI
IN SCENA IN ITALIA
Il personaggio di Lamberto Laudisi, interpretato alla perfezione da un mostro sacro del teatro come Eros Pagni, mostra l'impossibilità di afferrare la verità assoluta e si fa beffe degli altri, che invece si dibattono inutilmente nella ricerca dell'oggettività assoluta. Ognuno ha il suo vero, ed è altrettanto valido di quello degli altri.
E lo spettatore alla fine è costretto a interrogarsi sull'assenza stessa di significato in quello che ha appena visto. Il Laudisi di Pagni in scena si muove pochissimo: e la parte prevede frasi taglienti e spiazzanti, più che lunghi panegirici. Basta però la sua presenza muta sul palcoscenico per mettere in risalto l'inane agitarsi e sproloquiare degli altri, come mosche impigliate in una ragnatela, nel tentativo di afferrare certezze che sfuggono come il fumo tra le dita.
La girandola della pazzia e della realtà
La costruzione del dramma è tutta sulle spalle degli eccellenti Anita Bartolucci (la Signora Frola) e Giacinto Palmarini (il Signor Ponza). Il mistero si infittisce con il dipanarsi del dramma, come in un moderno romanzo giallo. Chi è pazzo? Il signor Ponza, la signora Frola? O entrambi?
Chi è la signora Ponza? E' la prima moglie? La seconda? Un fantasma? O è pazza anche lei? Alla fine, però, a differenza dei romanzi gialli non c'è il disvelamento ma solo la dimostrazione dell'inconoscibilità del reale.
Marta Crisolini Malatesta ha realizzato per il regista Luca De Fusco una scenografia avvolgente, con finestre geometriche in stile De Chirico, da cui gli sguardi dei vari personaggi di contorno mettono a fuoco la scena centrale con i protagonisti.
“Ho deciso di bandire ogni elemento grottesco dalla rappresentazione – spiega De Fusco nelle note di regia - prediligendo una chiave interpretativa di ispirazione kafkiana, collocando i personaggi al centro di uno spazio che potrebbe essere il cortile di un manicomio o un insieme di palchi teatrali".