Lo abbiamo visto e apprezzato nei panni dello stilista Valentino, dello scatenato Gianni Morandi e di mille altri personaggi che animano in prima serata la televisione italiana. Ma la maschera più importante, l’abito su misura che sembra essere cucito addosso alla perfezione, è quello che rappresenta l’indimenticabile e indimenticato Lucio Dalla. Dario Ballantini, celebre attore e pittore livornese, ha voluto regalare al cantautore scomparso nel 2012, ma anche ai fan e a se stesso, uno spettacolo che va oltre la semplice imitazione, al di là dell’omaggio e del ricordo post mortem. “Da Balla a Dalla” è, infatti, un percorso di conoscenza, un pezzo di vita che Dario consegna nelle mani e nei cuori del suo pubblico, non solo a chi ha amato Lucio ma anche a chi, forse per questioni di età o per distrazione, non si è mai avvicinato all’arte e alla poesia del cantautore emiliano.
Assistere a “Da Balla a Dalla”, in scena al Teatro Nuovo di Milano, è stata un’esperienza divertente, commovente e al contempo istruttiva. Dario Ballantini, accompagnato da un’orchestra di cinque ottimi elementi (diretti dal Maestro Stefano Cenci), ha raccontato per circa due ore la propria passione viscerale per la musica e gli scritti di Lucio Dalla. Lo ha fatto con sincerità disarmante, a tratti con occhi e parole di fanciullo. E questo, forse, è il segreto del successo del suo show poetico. L’amore per le canzoni di Dalla è sbocciato quando era ancora un ragazzino, in un periodo nel quale a casa sua “si poteva parlare e far cantare solo Claudio Villa”. Eppure il talento, l’originalità e il genio di quel piccolo, grande uomo e artista barbuto, hanno conquistato poco a poco anche la famiglia di Dario e i suoi amici.
Ballantini sul palco ha alternato momenti di pura narrazione ad altri in cui ha vestito i panni dell’amato artista, imitandone egregiamente tic, espressioni, voce, gesti e postura. Due gocce d’acqua, gemelli separati alla nascita. Dario ci ha accompagnato in un viaggio di conoscenza e di piacevole scoperta, in un mondo, quello dalliano, così denso di sperimentazione e di “stranezze” che sembrano talvolta voler sfidare il senso comune e andar controcorrente.
Da “Piazza Grande” ad “Anna e Marco”, da “Washington” a “Caruso”, Dario Ballantini ha ripercorso a modo suo la carriera di Lucio Dalla, seguendo la logica dettatagli dalla memoria personale e dall’emozione vissuta sulla propria pelle. Da semplice fan, personaggio semi-sconosciuto, che spendeva tempo ed energie nei locali di Livorno cercando di imitare il proprio idolo, fino al primo incontro con il cantautore bolognese, emozionante e al contempo surreale e imprevisto. Dalla amava il talento di Ballantini: il loro è stato un rapporto di profonda amicizia e di stima reciproca, tanto da vivere insieme alcuni momenti di vicinanza, tra cui l’ultima importante esperienza artistica e umana alla Triennale di Milano: mentre Dario dipingeva, Lucio cantava. Un sogno che si è avverato dopo venti anni di “inseguimenti” e di studi, di speranze e di attese tradite. Un regalo magico che l’artista toscano ci ha voluto raccontare con estrema soddisfazione, enorme rispetto e tanta sana allegria.