Nell’ampio cartellone del VIE festival è andato in scena al Teatro delle Passioni di Modena anche lo spettacolo David è morto, scritto da Valeria Raimondi ed Enrico Castellani della compagnia Babilonia Teatri, recentemente insignita del Leone d’Argento alla Biennale Teatro di Venezia.
David è morto: già il titolo dello spettacolo ci pone davanti all’annuncio di una morte, e quando il sipario si apre e al centro vi è un grande cuore rosso illuminato non possiamo far altro che collegare quest’ultimo al titolo e contrapporlo alla vita, domandandoci come si evolverà la vicenda.
Una voce fuori campo descrive i personaggi come in un documentario freddo e distaccato: David (Filippo Quezel) è un giovane ragazzo senza un obiettivo specifico nella vita che decide di suicidarsi davanti agli occhi attoniti del padre con cui non ha mai avuto un buon rapporto non specificando il perché del folle gesto. Iris (Chiara Bersani) è la sorellina di David in ritiro forzato dall’esercito, anima fragile che decide di seguirlo nell’aldilà impiccandosi il giorno dopo, lasciando il Padre (Alessio Piazza) e la Madre (Emanuela Villagrossi) in un silenzio ancora più cupo di quello che già c’era fra loro da anni, coniugi che resistono anno dopo anni restando insieme esclusivamente per abitudine. Per ultimo, quasi a fine spettacolo arriva improvvisamente dal fondo della platea un quinto personaggio: Alex (Emiliano Brioschi), rocker reso folle dal dolore della perdita della madre tossica che decide di far carriera nella musica pop approfittando di rare ispirazioni che arrivano in momenti imprevedibili, entrambe ricondotte in un secondo momento alla famiglia ritratta.
Il tema centrale e filo conduttore di storie di vita, rapporti complicati e irrimediabili destini è il disagio giovanile, la difficoltà di trovare il proprio posto nel mondo, la piattezza della vita di provincia priva di stimoli e valide occasioni di crescita, l’instabilità emotiva che alterna rari momenti di grande vivacità a momenti di grave apatia. David è il primo di una lunga lista di suicidi che si ripercuotono in questo paesino del nord Italia, e diventa il simbolo di una generazione che preferisce lasciarsi andare piuttosto che affrontare l’imprevedibile piega del futuro.
Lo spettacolo costituisce anche uno spaccato intelligente e mai scontato della società di oggi, dove la famiglia è molte volte costituita da persone che dovrebbero essere le più importanti le une per le altre, ma che in realtà non si conoscono realmente. Un invito a riflettere su quanto realmente sia importante il passaggio dall’adolescenza alla vita adulta, quanto sia essenziale il supporto dei genitori e quanto in tutto ciò sia importante l’amore, rappresentato dal cuore rosso luminoso che rimane al centro della scenografia durante tutto lo spettacolo, simbolo del sentimento “osannato” nell’ultimo, straziante monologo della Madre.