Ventotto anni insieme senza conoscersi nemmeno per nome: questa la storia di un famoso scrittore e della sua domestica, coppia nella vita solamente per una sera in cui improvvisamente decidono di iniziare un dialogo dagli esiti insospettabili.
Diamoci del tu è una commedia scritta nel 2012 dal pluripremiato drammaturgo canadese Norm Foster, tradotta da Danilo Rana e adattata per la scena da Pino Tierno. Sul palco i grandi Enzo Decaro ed Anna Galiena in un dialogo serrato che tocca i più svariati temi. Lo spettacolo, prodotto da Enzo Sanny e diretto da Emanuela Giordano, racconta il bisogno dell’essere umano di raccontarsi, confidarsi ed esistere in questo modo nelle parole e nei gesti di un’altra persona prima dell’inevitabile appuntamento con la morte al quale siamo tutti chiamati.
La scena scarna, elegante ma grigia ben si addice alla vita del solitario scrittore troppo preso da sé stesso che una sera decide di iniziare un semplice dialogo con la domestica al suo servizio da ventotto anni, di cui paradossalmente non conosce nemmeno il nome. Superato l’iniziale imbarazzo di lei a causa della situazione inaspettata a cui non può e non vuole in fondo sottrarsi, il dialogo si trasforma pian piano in un excursus delle rispettive vite dei due protagonisti di mezz’età, induriti e provati dalle sofferenze della vita che li hanno portati fin lì.
Il dialogo procede così in territori spinosi attraverso pause e momenti di tensione superati grazie all’aiuto di qualche “buon” bicchierino fino a quando la domestica, ormai completamente disinibita dall’alcool, non confessa al proprio datore di lavoro l’amore che prova per lui da tempo ma mai manifestato. Del resto, il motivo dell’improvviso interesse dello scrittore per la domestica è da attribuirsi ad una malattia rara appena diagnosticatagli: da questo momento la commedia lascia i toni leggeri e a tratti divertenti, rendendo il finale malinconico e dal leggero retrogusto amaro.
Anna Galiena ed Enzo Decaro si rivelano ottimi interpreti dei complessi personaggi che in una sera si scoprono, donandosi l’uno all’altra in un perfetto equilibrio che denota una grande empatia artistica nonostante una regia tutto sommato statica e nell’insieme poco armoniosa.