Lirica
DIDO AND ÆNEAS - DIE SIEBEN TODSüNDEN

Una strana coppia: la Cartagine di Purcell e l'America distopica di Weill

Una strana coppia: la Cartagine di Purcell e l'America distopica di Weill
© Andrea Ranzi

Strano dittico, quello proposto dal Teatro Comunale di Bologna al Comunale Noveau: l'apoteosi barocca dell'intimistica Dido & Æneas di Henry Purcell, unita alla corrosiva satira sociale di Die sieben Todsünden di Bertolt Brecht e Kurt Weill. 

Nessun significato comune, nessun fil rouge ad avvicinarle, salvo il fatto che per la prima sono previsti degli inserti danzati, e che la seconda è stata concepita come un 'balletto con canto'. Tutto qui.

Un'opera con inserti danzati

Rappresentata per la prima volta forse alla corte londinese nel 1684, di certo nell'aprile del 1689 a Chelsea in un collegio per giovani gentildonne - ecco perché siano previsti ora alcuni interpreti maschili, ora quasi solo femminili - Dido & Æneas è un'opera di sublime musicalità, un autentico capolavoro molto vicino al genere del masque, popolarissimo all'epoca di Purcell. 

Opera concisa, sostanzialmente con un'assoluta protagonista – la regina Didone - dalla fluida ed intensissima drammaticità, ottenuta con naturalezza melodica e ammirevole semplicità di forme. Un banco di prova ideale, nel secondo dei casi citati, per interpreti non professioniste quali erano le educande inglesi di Josias Priest, coreografo e maestro di ballo.

Ricostruzione di un'opera 'aperta'

La sua partitura ci è giunta incompleta, e per di più in lacerti tardi ed apocrifi; quindi oggetto di varie ricostruzioni, che prevedono talora l'inserimento di musiche tratte da altri lavori di Purcell. O addirittura in parte improvvisati, come nell'edizione 2021 della Royal Academy Opera. 

Marco Angius, che la dirige a capo di un ensamble barocco appositamente radunato, utilizza solo la musica superstite, integrandola però con alcuni innesti contemporanei. Vale a dire tre dei Cori di Didone composti da Luigi Nono nel 1958 su versi di Ungaretti, e l'aspra Okanagon di Giacinto Scelsi (1968) per aprire la scena delle streghe. Contributi che, a parer nostro, alla fine non collidono e stridono anzi con le musiche seicentesche.

Un amore che finisce in tragedia

Se nel complesso un tantino compassata e poco elastica ci appare qui la concertazione del maestro sassarese, la tragica figura di Didone, suicida per l'abbandono di Enea, trova in compenso pieno compimento nella ricamata, eloquente vocalità del soprano australiano Danielle de Niese. Quella di Belinda è sorretta dalla morbida voce di Mariam Battistelli; Francesco Salvadori impersona bene Enea; l'eccellente Bruno Taddia infonde acida sostanza alla figura della Maga

Intorno, troviamo Patricia Danela Fodor (seconda donna), Marco Miglietta e Andrea Giovannini (le due streghe), Paola Valentini Molinari (il messaggero). Il piccolo coro da camera, guidato da Gea Garatti Ansini, assolve con nettezza e flessibilità il suo ruolo di chiosatore della vicenda.

Sette metropoli, sette vizi capitali

Tutt'altra atmosfera in Die sieben Todsünden, 'balletto con canto' creato a Parigi nel giugno 1933, protagonista la grande Lotte Lenia. Nel testo di Brecht il viaggio attraverso sette città americane delle due sorelle della Louisiana – in realtà, due facce della stessa persona, l'ambiziosa Anna – è un caustico itinerario attraverso i sette peccati capitali. Visti però al contrario, cioè quali espedienti necessari all'arricchimento, al successo, all'appagamento dei propri desideri in una società spietata e onnivora, dedita all'accumulo del denaro ed al potere. 

E da parte sua Weill mescola, nel modo che gli era consono, ogni genere di musica creando un substrato sonoro estroso ed effervescente: ritmi da ballroom e musiche da jazzband, lieder, canzoni da cabaret, opera, operetta e musical, sinfonismo novecentesco e inni liturgici, confluiscono insieme in una partitura di estrema vitalità, composita e variegata, caricata di colori smaglianti.

Un maestro del repertorio moderno

Un mare magnum sonoro in cui Marco Angius nuota agile come un delfino, stavolta, mettendo a frutto sia la sua capacità di abile ed acuto concertatore, sia l'indubbia attitudine al confronto con il repertorio moderno e contemporaneo. Sotto la sua esperta guida l'Orchestra felsinea brilla per efficienza e ci consegna un ammirevole caleidoscopio di suoni cangianti.

L'Anna cantante è appannaggio di Danielle de Niese, pronta a trasformarsi in un'affascinante, travolgente ed ironica soubrette; l'Anna danzante - figura fragile e tenera – lo è invece della bravissima Irene Ferrara. La gretta famigliola che attende sulle rive del Mississipi i soldi per costruire una casetta, è argutamente resa da Marco Miglietta, Andrea Giovannini, Nicolò Ceriani e Andrea Concetti.

Un solo regista, due letture divergenti

Con Dido & Æneas Daniele Abbado ci offre uno spettacolo essenziale e raffinato, ma sostanzialmente statico salvo che nella scena delle streghe modernamente risolta; la colpa nondimeno ricade anche sul libretto di Nahum Tate, che comporta scarso movimento. Mentre in  Die sieben Todsünden le cose cambiano radicalmente: qui veniamo calati in un universo di luci abbaglianti, luccicante di glitter e di pailettes , popolato da personaggi bizzarri a metà fra circo, cinema e cabaret. 

Qui la regia prende un ritmo vorticoso, inarrestabile ed incalzante, perfetto per questo genere ibrido di teatro, che ben mette a frutto le coreografie di Simona Bucci ed i rutilanti costumi di Giada Masi, creatrice anche dei sobri abiti di Dido & Æneas

Appropriati i due opposti apparati scenici, contrastanti nella grafia, predisposti con genialità da Angelo Linzalata, responsabile pure del gioco di luci: parco, severo ed essenziale all'inizio; una ribalta fiammeggiante di scritte e di abbaglianti neon nella seconda parte della serata. 

Visto il 19-03-2024
al Comunale Nouveau di Bologna (BO)