Lirica
DIE ENTFüHRUNG AUS DEM SERAIL

Applausi alla Scala di Milano per il Ratto di Strehler

Il ratto dal serraglio
Il ratto dal serraglio © Brescia-Amisano

Prossimo al compimento dei 60 anni -il debutto avvenne al Festival di Salisburgo del 1965- Die Entführung aus dem Serail (Il ratto dal serraglio) con la regia di Giorgio Strehler è stato ripreso al Teatro alla Scala, riscuotendo un caloroso successo.

Una regia in silhouette

Nato dalla felice collaborazione tra Strehler, un regista che capiva di musica (categoria purtroppo in estinzione), e Luciano Damiani, scenografo e costumista di grande sensibilità, l’allestimento gioca con intelligenza sui vezzi del teatro d’opera dell’epoca in cui la trama era solo un pretesto per assistere alle prodezze vocali dei cantanti. 

La scenografia di ambientazione mediorientale, che asseconda il gusto per le cosiddette “turcherie” in voga a cavallo tra il XVIII e il XIX secolo, è delimitata da un sipario ed il proscenio viene lasciato al buio, in modo che quando i protagonisti vi si esibiscono se ne intravedono solo le silhouette che si stagliano sul fondale grazie al suggestivo progetto luci di Marco Filibeck.


A sottolineare la finzione teatrale, al termine di ogni aria i cantanti, come ogni virtuoso che si rispetti, si inchinano al pubblico per ringraziare dell’applauso, ed anche le azioni ed i rapporti tra i personaggi si rifanno ad una gestualità stilizzata, che rimanda ad un’idea di ‘700 a tratti stereotipato, in cui non c’è un reale approfondimento psicologico dei singoli caratteri, ma che non appare mai stucchevole o polverosa.

In sostanza uno spettacolo estetizzante, che inevitabilmente mostra i segni del tempo, ma che è invecchiato meno di altre produzioni ben più recenti e che, pur testimoniando un gusto in parte superato, mantiene una sua vitalità che lo salva dall’apparire come una mera riproposizione museale.

Thomas Guggeis demiurgo di una grande interpretazione musicale

Vero motivo di interesse di questa ripresa è stata però la riuscitissima parte musicale che ha visto protagonista sul podio  Thomas Guggeis  al suo debutto sul palcoscenico milanese. Il giovane direttore tedesco -che chi scrive aveva già avuto modo di apprezzare nell’intero Ring wagneriano alla Staatsoper di Berlino la scorsa primavera- è autore di una concertazione eccellente, dinamica, ricca di sfumature, che ci restituisce un Mozart leggero ma sempre espressivo e che nel corso della rappresentazione rivela momenti di grande teatralità. 

Basti citare come esempi il dinamico pulsare del duetto “Ich gehe, doch rate ich dir” o il ricchissimo e variegato accompagnamento di “Martern aller Arten” o il malinconico languore del duetto finale “Nie werd’ich deine Huld verkennen”. 


Di notevole spessore anche il cast. Jessica Pratt ha dato vita ad una Konstanze di gran classe e dall’eccellente vocalità. Timbro pieno e rigoglioso, fraseggio morbido e raffinato ed un registro acuto impeccabile nelle agilità le hanno permesso di costruire un personaggio sfaccettato che nell’aria “Martern aller Arten” ha conquistato il pubblico. 

Al suo fianco Daniel Behle  è stato un Belmonte lirico ed appassionato, dal timbro morbido e di grande musicalità. Musicalissima anche la Blonde di  Jasmin Delfs, impeccabile nella linea di canto, sicura negli acuti, briosa e vitale soprattutto nei duetti con l’ottimo Pedrillo di Michael Laurenz


Credibile sulla scena, spiritoso ed ottimamente recitato l’Osmin di Peter Rose, nonostante un registro grave opaco e poco incisivo. Estremamente credibili ed efficaci anche i due ruoli recitati, ovvero il Selim di Sven-Eric Bechtolf ed il servo muto di Marco Merlini.
Puntuale nei suoi brevi interventi il coro diretto da Giorgio Martano. 

Al termine un Teatro alla Scala pressoché esaurito ha accolto tutti gli interpreti con applausi convinti facendo registrare punte di entusiasmo per Jessica Pratt e Thomas Guggeis.

Visto il 05-03-2024
al Teatro Alla Scala di Milano (MI)