Lirica
DON GIOVANNI

Il “Don Giovanni” mozartiano di Michieletto rifà capolino alla Fenice

Don Giovanni
Don Giovanni

Son trascorsi quattordici anni dalla prima apparizione sulle scene del Teatro La Fenice del Don Giovanni nella versione scenica di Damiano Michieletto. E riappare, in questa ennesima riproposta maggiolina, la coppia baritonale formata da Markus Werba e Alex Esposito che la portò al fonte battesimale. 

E' un Don Giovanni, questo del regista veneziano, costruito con molta cura e bei lampi d'intuizione, e dai molti punti di forza tanto che allora vinse ben ben cinque Opera Award; tuttavia, visto che siamo oramai al settimo riallestimento dal 2010 ad oggi – stavolta la regia è fedelmente ripresa da Eleonora Gravagnola - sarebbe bene forse pensare per il futuro – l'opera mozartiana è sempre un grande richiamo, lo dimostrano queste nove recite affollatissime - a qualcosa di nuovo e diverso.

Una scenografia labirintica, sempre in rotazione

Nell'impianto di Paolo Fantin domina un labirintico palazzo rococò in decadenza, con alte pareti che ruotano senza posa, mutando spazi e volumi: si crea così nello spettatore un senso di claustrofobia e di vertigine, in un opprimente incubo notturno rafforzato dalle fredde luci di Fabio Barrettin. I semplici, ma fini costumi sono di Carla Teti

Per Michieletto, Don Giovanni dispone di un potere sovrumano e demoniaco, che gli permette di dominare ed annichilire la volontà di quanti vengono a contatto con lui. E' lui a tirare le fila di tutto – gli altri sono marionette nelle sue mani, cadono vittime di un maligno sortilegio - e non gli importa nulla delle conseguenze. Né per loro, né per sé. Molto drammatico, senza spazio per il sorriso.

Francesca Dotto e Alex Esposito

Tornano padrone e servitore di anni fa

Nel disegnare un personaggio così cupo, Markus Werba centra una consona immedesimazione: voce gagliarda, ben timbrata, correttezza di canto e fraseggio impetuoso si accompagnano difatti ad una recitazione nervosa, febbrile, insinuante, che fa giganteggiare in scena il perverso protagonista. Né Leporello, per la regia, è certo uno stinco di santo, bensì un complice consapevole e consenziente delle malefatte del padrone, e perde per strada ogni connotato comico. 

Sotto questa luce Alex Esposito – pregevole interprete di figure da mauvais – disegna un personaggio a tutto tondo, sciagurato, sordido e ben poco simpatico, sostenendolo con una voce ferma, ampia e tornita, solida e fascinosa. Il di per sé già pallido Don Ottavio non trova grande spicco nelle corde di Francesco Demuro, vuoi per la scarsa consonanza allo spirito mozartiano, vuoi per la monotonia dell'emissione, rigida e monocorde. Motivo per cui le due sue arie, malgrado l'impegno profuso, cascano un po' nel vuoto.

Markus Werba, Francesca Dotto, Francesco De Muro e Zuzana Markova

Da Donna Anna a Donna Elvira

Nel 2019 Francesca Dotto risolveva con giovanile sensualità la figura di Donn'Anna, ora le spetta la parte più ferina di Donna Elvira, parte che affronta gagliardamente, tenendo sempre in giusta tensione il suo personaggio. Cosa evidente in un «Mi tradì» irruente e concitato, ma di solido impianto. La voce è amministrata con sapienza, risulta quanto mai espressiva e ricca di armonici, si piega al bisogno ed esprime sempre – nel colore quanto nel suono - il sentimento giusto; però la nostra impressione è che, a ben vedere, le si attagli meglio la prima figura che la seconda.

Lucrezia Drei e Markus Werba

Una figura femminile speculare

Quanto a Zuzana Marková, ci consegna una Donn'Anna – figura speculare rispetto a Elvira - che nel timbro possiede una cremosa dolcezza, e conquista per morbidezza e flessibilità; ma che vocalmente sembra ricercare un'astratta, impossibile perfezione. Nondimeno la cantante praghese, buon soprano di coloratura, sa essere di volta in volta veemente, passionale, austera, patetica, cesellando con buon gusto il suo «Non mi dir»

Spigliata, maliziosa, spiritosa, la Zerlina di Lucrezia Drei sconta però qualche suono asprigno in alto. William Corrò – anche lui presente al varo di questo Don Giovanni - delinea un Masetto ancor fresco e simpatico; il Commendatore di Gianluca Buratto passa indenne la prova, ma con limitata autorità. Il coro diretto da Alfonso Caiani svolge correttamente i suoi ridotti interventi.

Markus Werba, Francesca Dotto e Alex Esposito

Un Mozart manierato

Passiamo al golfo mistico, da dove Robert Treviño distilla sonorità calibrate e prudenti, e tiene stretta la barra del timone dell'Orchestra fenicea; ma più in là, ahinoi, non va. La sua concertazione procede senza la necessaria leggerezza, ora inerte ora greve; pecca di gelido manierismo, in un'atmosfera musicalmente asettica che dona ben poche emozioni. 

Manca persino di quei sprazzi di humour che la partitura suggerisce – vedi la scena del catalogo delle donnesche imprese - forse raggelata dal plumbeo palcoscenico che ha davanti. Il cast alternativo prevedeva la presenza di Alessio Arduini e Roberto De Candia, Desirée Rancatore e Carmela Remigio,  Leonardo Cortellazzi, Lodovico Filippo Ravizza e Laura Ulloa.
 

Visto il 23-05-2024
al La Fenice di Venezia (VE)