La testimonianza più importante che possiamo lasciare in eredità è sicuramente la nostra vita. Frenetica, in perenne deficit di tempo, la troviamo noiosa e ripetitiva, ci sfugge tra le mani e ci troviamo con gli anni che passano continuando a domandarci come abbiamo fatto a non accorgercene.
Eppure esiste un momento, un segmento preciso in cui il tempo non passa mai, abbiamo la smania di diventare grandi mentre le emozioni hanno il timone dei nostri sensi, la mente è un groviglio di pensieri e sogniamo ad occhi aperti.
Quel tempo è uguale per tutti, ce ne rendiamo conto quando è passato così troviamo un’estensione di noi stessi che quel tempo lo sta vivendo ora, che sia un figlio, un cugino, un vicino di casa o un allievo non importa: facciamo di tutto per fargli capire l’importanza che ha questo momento, lo invitiamo a non lasciarlo andare rifugiandosi in una realtà virtuale e soprattutto, a non smettere di stupirsi, anche quando tutto ci urla di gettare la spugna.
La verità del ‘non si esce vivi dagli anni 80’
In un ipotetico oratorio inizia il viaggio a ritroso di E' cosa buona e giusta, un copione che ha il sapore di vissuto, scritto a quattro mani da Michele La Ginestra con Adriano Bennicelli per la regia di Andrea Palotto.
Il personaggio Michele, a volte maestro a volte parroco e a volte attore, attraverso il racconto mette a confronto la sua generazione con quella odierna, spingendo quest’ultima a cercare nelle cose semplici del quotidiano la capacità di costruire un futuro fatto di sogni realizzati.
Accompagnato da canzoni storiche che sottolineano quando sia importante la strada come scuola di vita piuttosto che l’esperienza data dalla selezione innaturale della tecnologia, con le sue parole ma anche con quelle di Francesco De Gregori e Jovanotti, Michele riesce a entrare nel cuore e nella mente dei suoi ascoltatori in scena, offrendo spunti interessanti, sia per il mestiere dell’attore che per la crescita umana.
E’ un viaggio nostalgico quello che coinvolge chi gli anni 80 li ha vissuti da adolescente perché è inevitabile: la memoria si attiva e tra una risata e un rimpianto, ci si chiede se questi ragazzi sono fortunati quanto quelli della mia generazione, dove l’attesa era veramente il preludio delle esperienze ricche che sarebbero arrivate in futuro.
Parola chiave: semplicità
E’ cosa buona e giustaè semplice e genuino: il testo è scorrevole, la regia è senza troppi manierismi, pochi e bravi attori in scena. Lo spettacolo è adattato alla dimensione del teatro (fu messo in scena al Sistina di Roma, con molti più elementi sul palco) e viene così creata un’atmosfera piacevole e rilassata, rendendolo godibile da qualsiasi tipologia di pubblico.
Michele La Ginestra è sempre una garanzia, riesce a creare empaticamente un legame forte con il pubblico in sala, la sua sincerità unita alla bravura lo rendono sempre adatto a qualsiasi personaggio di cui veste i panni.
Ad affiancarlo, quattro giovani e promettenti attori: Ilaria Nestovito, Ilaria Mariotti, Alessandro La Ginestra e Alessandro Buccarella. I ‘ragazzi’ sognano e si esprimono nell’arte che sembra calzare a pennello con le loro predisposizioni, recitative e canore. Proprio per queste doti così evidenti, gli si poteva concedere più spazio per esprimersi in scena e spero in futuro, qualora ci fosse l’intenzione di mettere mani a questo testo, che questo possa realizzarsi.
Quale modo migliore per dimostrare che gli insegnamenti così generosamente elargiti hanno dato i loro frutti?