Lirica
ÉDITH

Edith Piaf, l'amore tra la cantante e il pugile finisce in tragedia

Edith Piaf, l'amore tra la cantante e il pugile finisce in tragedia

La storia di Edith Piaf è in un’opera in prima assoluta, commissionata dalla Fondazione Carlo Felice al compositore Maurizio Fabrizio e al librettista Guido Morra, nel sessantesimo anniversario della morte della grande artista francese. 

E’ stato subito successo: ma, a sorpresa, nell’opera lirica andata in scena a Genova più che la Piaf-cantante è emersa la Piaf-donna, divisa tra palcoscenico e la relazione sentimentale con un pugile professionista. Infatti nelle scene più che i camerini e i riflettori del palcoscenico si sono visti il ring, gli sparring-partner e i “secondi” con l’asciugamano al collo. 

Parallelismo tra palcoscenico e ring: è la stessa cosa?

Il parallelismo, dichiaratamente ricercato e proposto, è quello tra il palcoscenico e il ring: i due luoghi in cui l’artista e il boxeur si mettono sotto i riflettori, si mettono alla prova, si sentono vivi e dimostrano agli spettatori di esserlo. A Genova l’idea è piaciuta: sono stati abbondanti gli applausi finali, soprattutto per la passione dimostrata dalla protagonista Salome Jicia e per la sapienza con cui il maestro Donato Renzetti ha saputo proporre e gestire una partitura contemporanea affascinante e scorrevole, ma priva di quei momenti eclatanti e pregnanti che ti tengono inchiodato alla poltrona.


Il libretto racconta una vicenda che all’epoca fece scalpore: la storia d’amore clandestina – ma di cui tutti parlavano – tra  il pugile francese Marcel Cerdan, campione del mondo dei pesi medi, ed Edith Piaf, la più grande cantante francese dell’epoca. Una storia destinata a finire in tragedia: il pugile muore in un incidente aereo mentre sta andando negli Usa per disputare la rivincita con Jake LaMotta, che gli era subentrato nella cintura iridata. 

In America ad aspettarlo c’è anche Edith Piaf. La cantante apprende la notizia della tragedia poco prima di andare in scena: decide di cantare ugualmente, ma sviene cantando una canzone dedicata al compagno.

Niente canzoni di Edith Piaf, ma c'è il suo cuore

Maurizio Fabrizio a sorpresa non propone alcuna canzone o parti di canzone appartenente al repertorio di Edith Piaf. Il libretto lascia poco spazio alle rime, preferisce far scorrere il parlato e cantato, senza ritorni di frase: un po’ come le vite che racconta, prigioniere come tutte le vite dello scorrere verso il destino già scritto. Spesso capita di sentire dissonanze, più che assonanze: ma contribuiscono a ricreare il pathos della storia romantica ma maledetta, destinata a finire male. 

Le luci firmate da Luciano Novelli fanno quello che una scenografia minimalista non può fare: sorreggono il cantato, indirizzano le emozioni, riempiono le pause. 


C’è solo un ring sbilenco, su un  piano inclinato, con corde mobili sostenute in modo molto blando da mimi-ballerini. Forse a suggerire che non è il destino a imporre la sua coazione (le corde non sono tese, rigide): sono i protagonisti, gli artefici del loro destino, in questo caso infausto. 

La scenografia? Tendone con proiezioni

Per il resto ci sono tre enormi tendoni semi-mobili che fanno da quinta e che ricevono le proiezioni di immagini (compresi i filmati dei match del pugile), trasformandosi di volta in volta in qualcosa di diverso. Il tutto sotto la direzione della regista Elisabetta Courir, che sa mantenere in equilibrio un insieme che rischia di diventare aleatorio proprio a causa della sua essenzialità. Sono piaciuti molto i costumi disegnati da Francesca Marsella e cuciti dagli studenti dell’Accademia Ligustica di Belle Arti.


Dopo avere detto di Edith/Jicia, sono da segnalare anche le prove di Francesco Pio Galasso nel ruolo di Cerdan e di Claudio Sgura nel ruolo di LaMotta: non dimentichiamo che trattandosi di pugili, cantano in calzoncini corti e devono esibire un fisico adeguato. 

Applausi finali anche per gli altri: il manager di Edith Piaf, Blagoj Nacoski; la Marinette Cerdan di Valentina Coletti; il mafioso interpretato da Giovanni Battista Parodi; la Marie Hannequin di Alena Sautier; il Joe Longman di Manuel Pierattelli; l’Harry Burton di Marco Camastra.

Visto il 21-12-2023
al Carlo Felice di Genova (GE)