Diverse cose legano due operine presentate al Cantiere d'Arte di Montepulciano 2024. La prima, di vedere sul podio lo stesso concertatore, Michele Gamba, cioè l'attuale direttore musicale del Cantiere, artista attento e meticoloso, con innegabile attitudine alla musica moderna e contemporanea. La seconda è l'ambientazione in una Spagna barocca, derivando entrambe da testi del grande Miguel de Cervantes.
Poi la brevità: circa mezz'ora per El retablo de Maese Pedro di Manuel De Falla, un'ora scarsa per Il n'est pas comme nous di Alessandro Solbiati. Quindi il richiedere pochi strumenti e pochi cantanti: tre per l'una, uno solo per l'altra. Infine una circostanza, la più significante: l'avere al loro centro un teatrino ambulante di burattini. Detto alla spagnola un retablo, appunto.
Il cavaliere dalla triste figura
Considerata la brevità dell'operina di De Falla, ispirata ad un episodio del Don Quijote de la Mancha – nel quale il cavaliere dalla triste figura interrompe una recita di burattini scambiandoli per personaggi reali, facendo a pezzi il retablo di Mastro Pedro - il Cantiere d'Arte, per completare la serata, ha commissionato al compositore Stefano Pierini un'inedita partitura in qualche modo ad essa collegata, con un consimile organico strumentale ed una ridotta durata, onde fungere da prologo.
La scelta dei versi di Imágenes errantes, ouverture per baritono e orchestra data in prima assoluta, è caduta su tre sonetti dal tono bizzarro ed ironico, tratti sempre dal Don Quijote, che chiamano in causa man mano il vecchio hidalgo, il fido Sancho Panza e il cavallo Rocinante. I primi due li troviamo accomodati fra le poltrone del Teatro Poliziano, in attesa di partecipare allo spettacolo successivo. Di tanto in tanto interagiscono mutoli con il lettore/cantante sul palco – interprete chiamato ad una linea vocale ardita, funambolica e guizzante – reso dallo straordinario baritono Paolo Leonardi.
Non un teatrino, ma un piccolo cinema
Senza pausa, si passa al El retablo de Maese Pedro: qui il teatrino viene accortamente sostituito da un gioco d'ombre cinesi, visibili sullo schermo d'un cinemino ambulante. El Trujamán, il narratore della verdadera historia che coinvolge Carlo Magno, Don Gayferos e Melisendra - una parte salmodiante, affatto facile - è interpretato con bravura dal piccolo, intonatissimo Markos Bindocci. Lo stralunato Don Chisciotte è affidato all'espressivo basso Giacomo Pieracci; Maese Pedro tocca al tenore Giovanni Petrini; il buffo Sancho Panza è reso con arguzia dal mimo Stefano Bernardini.
Tra impressionismo e neoclassicismo
La variegata, asciutta partitura di De Falla, in bilico tra impressionismo e neoclassicismo – e nello spirito, vicina al fraseggiare ed alle asimmetrie stravinskiane - sfrutta magistralmente un secolare sedime di forme, melodie e ritmi popolari iberici. Affidando alle voci un declamato melodico, presenta frequenti, brillanti momenti strumentali, tutti sottolineati con eleganza e nitidezza da Michele Gamba, concertatore abile e duttile.
Il sostegno strumentale in entrambi i lavori è quello fornito dalla Camerata Strumentale di Prato; al cembalo Orhan Memed, all'arpa Chiara Scannapieco. Il team del collettivo Anagoor si è presa carico dell'intero allestimento scenico - regia, scene, abiti, luci - elaborando uno spettacolo agile ed intrigante, teatralmente molto eloquente ed efficace.
La versione spagnola di un'antica favola orientale
Altra serata, stavolta all'aperto del Cortile delle Carceri per Il n'est pas comme nous, recente lavoro di Solbiati, destinato ad un minuscolo organico: una voce femminile cantante e recitante, violino, viola, violoncello e un ridotto set di percussioni. Pensato in forma concertistica e tratto da El retablo de las maravillas, intermezzo comico in prosa di Cervantes – il testo però adottato è in francese - è stato portato a forma scenica per il Cantiere dal regista Guglielmo Del Sante, che alla cantante affianca un drappello di mimi.
Servono a raffigurare il gruppo di autorità cittadine, mentre al posto dei ciarlatani Chanfalla e Chirinos Del Sante pone due streghe, che propongono nel loro teatrino il succedersi di apparizioni mirabolanti (tutte inesistenti, va da sé) visibili solo a condizione d'avere sangue puro e nobile. Vale a dire non essere né figli illegittimi, né mori convertiti, né ebrei, tutte persone ritenute allora di rango inferiore.
Naturalmente, per vergogna e presunzione, tutti fingono di intravedere ed ammirare quelle immaginarie meraviglie; e quando arriva un soldato ignaro dell'imbroglio, il quale sostiene di non scorgere un bel nulla, viene ferocemente insultato da tutti perché ”Lui non è come noi!”. Situazione comicamente surreale, che denota una feroce critica, da parte di Cervantes, allo stolido conformismo della società del suo tempo. Ma non è che le cose, dopo quattro secoli, siano poi così cambiate...
Partitura rarefatta e stringente
La partitura di Solbiati porta con sé una strumentazione sintetica e rarefatta, obbliga a limitate combinazioni timbriche, in cui si procede un po' per sottrazione. Densa però nella concezione musicale, che impone alla voce il compito più vasto ed gravoso. Ed è quella del soprano Maria Eleonora Caminada, interprete di ammirevole versatilità, messa a dar vita a tutti i personaggi alternando canto e recitazione.
Il Trio Quidlibet, formato da Vittorio Sebeglia, Virginia Luca e Fabio Fausone, sussidiato dalle percussioni di Davide Costantini, procede con massima sicurezza. Dobbiamo a Mara Pieri i costumi, a Gianni “Giaccio” Trabalzini le luci. Quanto al contributo registico, a conti fatti, ne abbiamo scorto ben poco. E quel poco, generico e di modesta rilevanza.