Prosa
FESTEN. IL GIOCO DELLA VERITà

Festen: uno splendido quadro di denuncia della società

"Festen. Il gioco della verità"
"Festen. Il gioco della verità" © Giuseppe Di Stefano

Festen, trasposizione teatrale dell’iconico film del 1998 di Thomas Vintenberg, travolge e disorienta, grazie ad un testo ironico e feroce, un cast di attori superbi e intensi ed una regia originale e spregiudicata. La pellicola era la prima opera aderente al manifesto Dogma 95, vincitore al 51º Festival di Cannes del Gran Premio della Giuria.

L’adattamento per il teatro era già stato realizzato da David Eldridge, in un intreccio tra palcoscenico e grande schermo, caratteristico della drammaturgia del Nord Europa. 

GLI SPETTACOLI
IN SCENA IN ITALIA


Marco Lorenzi firma la regia e cura la riscrittura a quattro mani con Lorenzo De Iacovo: la messa in scena è efficace, potente e rigorosa, Lorenzi sa maneggiare la macchina teatrale con precisione, intelligenza e raffinatezza.

Un testo potente e perturbante, caratterizzato da un’elevata tensione psicologica e intensità tragica, che scava nella psiche umana ed esplora le verità più inquietanti: affronta con crudele disincanto le dinamiche famigliari, spesso tossiche, la relazione con la figura paterna, il rapporto con la verità, con il potere e con l’autorità. In questa opera c’è l’Amleto di Shakespeare e la tragedia greca: assistiamo a come la banalità del male può consumarsi nella vita quotidiana.

Roberta Calia e Raffaele Musella

"Tutte le famiglie felici si assomigliano tra loro, ogni famiglia è infelice a modo suo"

Festen è la storia di una famiglia dell’alta borghesia danese che si riunisce per la celebrazione in grande stile del sessantesimo compleanno del patriarca; inizialmente tutta la famiglia si sforza di mostrare un’apparente normalità e disinvoltura nei rapporti e nelle interazioni affettive, ma è percepibile fin da subito una tensione latente, un disagio profondo e atavico che si rivela dopo il brindisi del primogenito, Christian. Il figlio accusa pubblicamente il padre di pedofilia e di aver provocato il suicidio della sorella gemella Linda.

Da quel momento tutto cambia, l’atmosfera apparentemente festosa e forzatamente allegra cede il passo ad un clima cupo e ostile, a tratti violento: questa drammatica verità fino ad allora rimossa, taciuta e celata, fatta di abusi sessuali e incesto, travolge tutto, la commedia delle apparenze che fino a quel momento si stava recitando ad uso e consumo del padre - il potente di turno, crolla miseramente.

"Festen. Il gioco della verità"


Personaggi ipocriti e opportunisti, così concentrati su sé stessi da non prestare attenzione a quello che gli accade intorno, così volutamente ciechi e sordi nei confronti di una realtà sgradevole, di una verità scomoda, meschini, da risultare superficiali, cattivi e violenti. 

Festen: tra cinema e teatro   

Sul palco un telo collocato davanti al boccascena divide a metà lo spazio, mentre alle spalle una videocamera senza fili riprende l’azione in presa diretta. Un’enorme piano-sequenza che, per l’intera durata dello spettacolo, è girato dagli stessi attori e proiettato di fronte alla platea: sul grande schermo si vedono i primi piani dei personaggi, i dettagli, le risate forzate e finte, i dialoghi di circostanza, i particolari dei corpi. 
Due dimensioni ben distinte che convivono: l’artificiosa realtà fatta di finzione ed ipocrisia, ovvero quello che siamo disposti a vedere o che decidono di farci vedere, e la cruda verità, imperfetta, impura, scomoda.

Roberta Lanave

 

Elio D’Alessandro


Jean Cocteau scriveva che la verità è troppo nuda, per questo non eccita gli uomini. In Festen valgono di più i non detti, i silenzi, le falsità che trasudano di vero, i dubbi e le esitazioni di fronte a questa verità scomoda che nessuno vuole più: una verità che finisce per assumere i toni di una perenne menzogna, di una tragedia annunciata che travolge tutto.

Festen è una denuncia alla società, tutti hanno una colpa, un lato oscuro con cui fare i conti e confrontarsi; il rapporto con il potere, con l’autorità costituita di fatto condiziona e influenza il rapporto con la verità.

Una riscrittura che, pur seguendo la traccia di Vinterberg, diventa un qualcosa di più complesso e stratificato in cui espedienti drammaturgici, battute originali, soluzioni sceniche e innesti musicali si intrecciano sapientemente al plot cinematografico: Lorenzi con disinvoltura e sicurezza utilizza il mezzo cinematografico senza però tradire il linguaggio, i codici e le dinamiche teatrali.

Elio D’Alessandro e Danilo Nigrelli


Lo spettacolo di fatto è la messa in scena di un processo autodistruttivo, nel quale la verità svelata ed esposta in tutta la sua forza e prepotenza riesce a dare vita ad una una rappresentazione non illusoria ma vera, crudelmente vera.

Atmosfere surreali e disturbanti, una recitazione spontanea ma allo stesso tempo marcatamente teatrale, dialoghi dal ritmo serrato, una forzata leggerezza si alterna senza apparente soluzione di continuità alla tristezza, disorientando, la commedia si sovrappone alla tragedia, riprese stranianti e inquiete creano un senso di stordimento che coinvolge e tiene col fiato sospeso fino alla fine.
 

ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER

Visto il 29-01-2023