Una lunga linea di frazione separa il reale dalla sua immaginifica rappresentazione ma quando denominatore e numeratore sono uguali si semplificano e rimane solo Antonio Rezza.
Uno spettacolo che non è uno spettacolo perché è una rutilante performance visiva, uditiva, fisica ma soprattutto violenta semplificazione sbattuta in faccia ad un pubblico succube che istericamente ride delle ludiche invenzioni d'immagini-parole senza capire di esserne la vittima demente del dissacrante spettacolo, perché è uno spettacolo, che il duo Mastrella e Rezza mette in scena: pubblico in sala, immagine riflessa del pubblico sul palco, tutto si semplifica e rimane solo la desolazione della manipolazione.
Il pubblico, inteso come massa disponibile d'individui, è l'oggetto degli schiaffi crudi di verità teatrali di Rezza che si diverte ad esplorare il concetto di manipolazione della realtà. Come pubblico siamo soggetti continuamente a mistificazioni: dalla televisione, nei rapporti interpersonali (genitori, amori), dalla Religione, dove tutto è forma per allontanare la mente dalla semplice verità perché la forma è sostanza ma se togli la forma rimane la demenza.
De-menti partecipiamo ridendo, stupendoci, imbarazzandoci come telecomandati alle suggestioni che vengono dal palcoscenico dove Rezza da la voce a tutto, ai personaggi in scena incarnati da lui e dal bravissimo Ivan Bellavista, fino a divenire riflessi delle sue mani nello splendido teatrino delle marionette a conclusione di spettacolo in cui la semplificazione uomo su uomo da il suo risultato finale.
Descrivere quello che accade in scena non è cosa perché occorre essere presenti, assistere o meglio subire in prima persona la gestualità, le azioni, le voci di Rezza che danza scomposto tra le sculture di carni mobili di Mastrella elementi essenziali e creatrici di una ricchissima esperienza che deve essere vissuta.