Prosa
GRAND GUIGNOL ALL'ITALIANA

D'Alatri porta in scena Franceschi

D'Alatri porta in scena Franceschi

Uno spettacolo a dir poco complesso, quello messo su da Alessandro D'Alatri per il TSA. Leggendo il titolo, seppur supportato ed addolcito dalla qualificazione "all'italiana" ci si potrebbe aspettare scene orrorifiche tipiche del genere gran guignol. E invece niente di tutto questo, o quasi. Ben altre emozioni pervadono la pièce. Tra le chiare pareti dai decori asimmetrici, in un imponente ambiente contrastante, quasi museale ed espressionista, con riferimenti kitsch e statuine anni ’60, creato da Matteo Soltanto, tutt'intorno ad un tavolo compiono le loro gesta un nugolo di personaggi antitetici, collegati tra loro da una colf "magonata" in cerca dell'amore dall'alito al sapor di fragola, appassionata di programmi tv (la voce off è di Paolo Bonolis) e di concorsi milionari.

Tra svenimenti, ombrelli dai piroli “slippati” e personaggi di nome Umberto, si passa con facilità dall'esilarante farsa del primo atto alla commedia dell'assurdo del secondo, nel quale un'insofferente Esterina, indispettita dalle difficoltà di composizione del testo di una canzone, delusa dall'omosessualità dell’amato, dall’invadenza di un corteggiatore e offesa come colf dai coniugi Umberto (Umberto Bortolani), risoluta guida turistica attento agli yen, e Stella (Carmen Giardina), appassionata adultera, torna in scena vestita da Batman e compie la sua vendetta omicida, non risparmiando neppure il cane. Taglia i fili dei suoi burattini, come nell’immagine che ne ha dato di lei Marta Ciambotti nel disegno di locandina, ispirato alle illustrazioni lautrecchiane di un secolo fa.

L'irruento e godereccio salumaio innamorato di lei, interpretato energicamente dal bravo Andrea Lupo, ha appena steso al suolo il poetico postino gay Umberto, interpretato dall'esile Sebastian Gimelli Morosini, la cui forza pare risiedere proprio nella mancanza di forza. Un pizzico di pirandellismo qui e lì e i toni cambiano irrimediabilmente. Pare essere entrati in un testo di Ionesco. L’effetto è straniante e inaspettato. Sia per il cambio di genere, sia per l’interprete. E' certamente un’immagine forte, infatti, vedere Lunetta Savino, nota attrice di tante fiction RAI e del cinema di Ozpetek travestita da supereroe e per giunta cattiva. Non si sa se ridere o inorridirsi. I costumi sono di Giuseppina Maurizi.

Già lo scorso anno D'Alatri, attratto teatralmente dall'ironia di personaggi antitetici e sfortunati viveur, si era cimentato in un testo, "Uomo e galantuomo", di Eduardo, che passa dalla farsa francese alla pazzia pirandelliana. Qui, nel tagliente testo di Vittorio Franceschi ambientato al giorno d’oggi (e condito anche da turpiloquio), è andato oltre, perfezionando quel meccanismo comico con avvincenti movimenti scenici fino a creare assortiti e rapidi scena e controscena, soprattutto nella prima parte, realizzati da un buon cast capace di far ridere a ripetizione, e arrestando lo scorrere degli eventi nella seconda parte, più orientata alle tematiche scottanti d’oggi giorno, come il patrimonio italico, l’omosessualità e le professionalità. Sicuramente una pièce che farà discutere.

Visto il 12-11-2015
al Comunale - Ridotto di L'Aquila (AQ)