Lirica
I MASNADIERI

Una grande interpretazione riscatta I masnadieri alla Scala

I masnadieri
I masnadieri © Brescia/Amisano

I masnadieri di Giuseppe Verdi sono tornati sul palcoscenico milanese in una nuova produzione che ha visto sul podio il maestro Michele Mariotti e la regia di David Mc Vicar.

Allestiti al Teatro Alla Scala solo quattro volte nell’arco di 172 anni, a 41 anni dall’ultima rappresentazione I masnadieri di Giuseppe Verdi sono tornati sul palcoscenico milanese in una nuova produzione che ha visto sul podio il maestro Michele Mariotti e la regia di David Mc Vicar.

Opera cupa e pessimista

Ispirata a, Rie Räuber, dramma giovanile di Friederich Schiller, I masnadieri è un’opera intrisa di pessimismo, i cui temi chiave sono sfiducia nella società, impossibilità di redenzione e rapporti familiari improntati all’ostilità. Carlo Moor rappresenta il prototipo dell’eroe romantico del periodo dello Sturm und Drang: rampollo di una famiglia nobile, stanco delle ingiustizie e delle imposizioni della società, sceglie di diventare capo di una masnada di spiriti liberi, contrari all’ordine costituito che non si fanno problemi a sovvertire. Questa scelta lo porterà ad uno scontro con la sua famiglia con cui non gli sarà più possibile riconciliarsi, fino al tragico epilogo.



Mc Vicar, in questo nuovo allestimento, si ispira ad un episodio della vita di Schiller, costretto tredicenne ad entrare in un’accademia militare in cui i rapporti tra i cadetti si basavano sull’ipocrisia e sulla delazione reciproca, di conseguenza i rapporti interpersonali si basavano su una continua sfiducia.
La scenografia firmata da Charles Edwards rappresenta un salone di questa accademia, che, a seconda delle circostanze, diventa palazzo dei Moor o foresta dei masnadieri. Poco cambia tra un atto e l’altro se non il progressivo disfacimento della struttura. Presenza costante è un giovane soldato, alter-ego di Schiller che partecipa alla vicenda prendendo spesso appunti e presumibilmente gettando le basi di quello che poi diventerà il suo dramma. Nel complesso uno spettacolo abbastanza lineare, privo di particolari guizzi che alla lunga rischia di diventare un po’ ripetitivo.



Ottima concertazione e cast equilibrato

Sicuramente più interessante il versante musicale che ha visto in Michele Mariotti un concertatore attento e capace di rendere giustizia ad una partitura che, se capolavoro non è, è stata nel corso degli anni ampiamente sottovaluta. Mariotti coglie appieno lo spirito dell’opera, riuscendo a trasmettere il piglio eroico del Verdi giovane ma arricchendo l’orchestra di colori e sottigliezze, in particolare grazie ad un articolatissimo utilizzo della sezione dei fiati. Perfetto il rapporto con il coro preparato come sempre in modo eccellente da Bruno Casoni. Nel complesso equilibrato il cast che ha avuto la sua punta di diamante nell’Amelia di Lisette Oropesa. Il soprano americano si è distinto per la perfetta linea di canto e per l’impeccabile eleganza nelle fioriture. La voce solida e ricca di armonici ha contribuito ad un’interpretazione di grande valore.



Voce squillante e ben timbrata ed acuti solidi hanno caratterizzato il Carlo di Fabio Sartori, più a suo agio nei passaggi eroici rispetto a quelli lirici, nei quali emergeva una certa genericità nel fraseggio.
Timbro morbido e fraseggio raffinato hanno invece caratterizzato il Francesco di Massimo Cavalletti, nonostante la voce soprattutto nella prima parte desse l’impressione di non avere il peso sufficiente per questo ruolo. Impressione che è andata scemando nel corso degli atti. Michele Pertusi nel ruolo di Massimiliano si conferma basso verdiano di riferimento: timbro morbido e corposo e ricchezza di sfumature hanno caratterizzato un’interpretazione di assoluto rilievo. Apprezzabili gli interventi di Alessandro Spina (Moser), Francesco Pittari (Arminio), e Matteo Desole (Rolla). Al termine applausi convinti con punte di entusiasmo per Lisette Oropesa.

Visto il 04-07-2019
al Teatro Alla Scala di Milano (MI)