Ricorda un po' il teatro di varietà, un po' il mitico Carosello RAI, questo Bajazet vivaldiano che Fabio Ceresa presenta al Teatro Malibran di Venezia. Il motivo? L'aver pensato per ognuno dei 25 numeri che scandiscono questa sua rilettura registica una serie di rapidi siparietti, tanti quanto le arie che propongono.
Sempre differenti, sempre coloratissimi, oltre che del tutto avulsi dall'intreccio del melodramma. In primo piano stanno i sei solisti alle prese di una prova “all'italiana”, seduti di fronte ad un leggio, senza recitare e senza costumi. Una condizione seria e compassata.
Un Carosello di situazioni diverse
I costumi li indossano a tempo di record, al pari di autentici trasformisti cantando poi, in uno spazio che s'apre rapido, una serie di scenette giocate tra serio e comico. Su quest'ultimo sopra tutto. Si mettono così in moto le situazioni più diverse: harem orientali, Moulin Rouge, giri in motocicletta alla Marlon Brando, scenette di vita coniugale, ironici giochetti sadomaso, meriggi in giardino, fastosi tripudi barocchi, l'Hepburn di My fair Lady, Super Mario, la fumosa Londra di Jack lo Squartatore, e via di questo passo.
Tanta ironia, tanto piacevole humour
Ne sortisce una teatralità dai tratti innovativi e sorprendenti, attraversata da finissimo humour, geniale e travolgente. Uno spettacolo che, oltre al vigoroso, accurato e variegato impianto registico di Ceresa – vi incontriamo a conti fatti una ventina di regie diverse! - molto deve ai rutilanti e fantasiosi costumi di Giuseppe Palella – sono decine e decine, li ha realizzati l'Atelier Nicolao pensando anche alla velocità con cui indossarli e smetterli.
E molto pure all'inesausta, immaginifica inventiva scenografica di Massimo Cecchetto, che muove rapidissimi cambi di scena. Senza dimenticare l'apporto fondamentale delle video proiezioni di Sergio Metalli e delle luci di Fabio Berettin, nonché quello dell'agile squadra di mimi e figuranti in campo utilizzati con molta maestria.
Per un'opera collage, più compositori
Tutto parte dalla considerazione che Il Bajazet – altrimenti intitolato Il Tamerlano - è un pasticcio, cioè un collage tenuto insieme da recitativi riscritti ex novo dal Prete Rosso - che raggruppa molti numeri suoi, recuperati da lavori precedenti, e nove note arie uscite dalla penna di Riccardo Broschi, J. A. Hasse e Geminiano Giacomelli.
Una sorta di hit parade, insomma, volta ad accontentare, in apertura del carnevale del 1735, il pubblico del Teatro Filarmonico di Verona, del quale Vivaldi era quell'anno anche impresario, con un succedersi di arie scelte su misura dei sei interpreti in scena, onde metterne in risalto le virtù canore.
Un vivaldiano doc per Il Bajazet
A sopperire a qualche numero mancante nella partitura originale conservata a Torino, ha provveduto Federico Maria Sardelli, massimo esperto vivaldiano, concertatore acutissimo, abile ed espressivo. Andandolo a prendere da titoli coevi di raro ascolto, sempre di Vivaldi, traendoli per esempio dalla perduta Semiramide o dalla Rosmira fedele.
La sua percezione musicale della scrittura vivaldiana procede sicura ed autorevole, spazza via vezzi invalsi quali l'abuso di tiorbe, chitarroni e fiati, ottiene un suono meno molle e più asciutto - oltre che fluido e vigoroso - da un dinamico manipolo di strumentisti dell'Orchestra del Teatro La Fenice, che lo coadiuvano con convinzione e palese passione.
Sei voci perfette per il teatro barocco
Sul palcoscenico si apre una parata di voci fenomenali, che oltre a cantare con singolare aderenza stilistica – sono tutti veri paladini del genere barocco - sanno anche recitare con brio e disinvoltura: perché non è certo facile dapprima interpretare nel recitativo il bellicoso carattere di Tamerlano, e poi di volta in volta salire su una moto, bagnare i fiori in un'atmosfera idilliaca, muovere i fili d'una marionetta. Superlativa, in questo cangiare di caratteri, mantenendo la massima proprietà espressiva, la grande Sonia Prina.
Gioie e dolori coniugali
Non è da meno impegnativo prima rappresentare con intensità emotiva le angosce sentimentali di Andronico, poi fare il maritino fedifrago, vestaglie e giarrettiere, che riceve l'amante in una squallida cucinetta; oppure mimare un'esibizione canora in frac del mitico Big Luciano. Vi provvede con ironica scioltezza d'attore ed eccezionale destrezza vocale Raffaele Pe.
Ineccepibile e vorticoso gioco di squadra, invero, che vede brillare accanto a loro altri quattro interpreti immacolati: Renato Dolcini quale Bajazet; Luciana Castellano, quale Asteria; Lucia Cirillo come Irene; Valeria La Grotta come Idaspe.