Il Barbiere di Siviglia è in versione esame di lusso per i ragazzi di Francesco Meli, il tenore che ha fondato e che dirige l’Accademia di alto perfezionamento e inserimento professionale dell’Opera Carlo Felice di Genova.
L’opera in scena al teatro genovese risponde perfettamente a un’affermazione che emerge sempre quando si parla di giovani e lirica: “Per i giovani non ci sono trampolini di lancio degni di questo nome, perché la lirica stessa è dominata da baroni e baronesse, che tengono solo per sé la luce dei riflettori”.
Un esame di lusso
Stavolta, niente di tutto ciò: in pochi fra i presenti in sala si saranno accorti che i cantanti in scena non erano debuttanti assoluti, ma stanno comunque muovendo i primi passi di carriera ad alto livello. Nessuna incertezza, nessuna sbavatura, tutti gli incastri al posto giusto, voce ferma e piena dei bassi (Bartolo, Basilio, Fiorello, Ambrogio, Ufficiale); dell’unico tenore (Almaviva); dell’unico contralto (Rosina); dell’unico baritono (Figaro), dell'unico soprano (Berta).
Vincente la scelta principale e dirompente della regia di Damiano Michieletto, nell’allestimento del Maggio Musicale Fiorentino, ripresa oggi da Andrea Bernard: la scenografia non c’è. Non nel senso che è ridotta ai minimi termini: nel senso che è proprio assente.
La scenografia? Non esiste
In scena ci sono 15 sedie rosse, ogni tanto compaiono dei grossi palloncini bianchi, e stop. La creazione di una narrazione e di un’ambientazione convincenti è lasciata tutta alla bravura dei cantanti e dei mimi; ai costumi sgargianti e a uno sfondo che cambia colore a seconda della situazione e del costumi da mettere in risalto.
Ecco, se in questo allestimento c’è qualcosa di fondamentale oltre alla bravura degli attori/cantanti, sono proprio le luci di Luciano Novelli: bravissimo ad avvolgere, contenere, portare alla ribalta, ovattare o elettrizzare i cantanti e i mimi in base alla bisogna. Carla Teti nei costumi è stata filologica (i personaggi sono vestiti come ti aspetti in Rossini) ma innovativa nel taglio e negli accostamenti cromatici. E che dire del viscido e sfuggente Don Basilio, non a caso trasformato in una lucertola in complicità con la regia?
Il coro si nasconde per non rubare la scena ai cantanti
Per non rubare la scena ai cantanti, comprensibilmente ansiosi di mettersi in mostra, anche il coro è stato tolto di mezzo: cantano dalla buca dell’orchestra. Il direttore Giancarlo Andreatta è stato bravo a entusiasmare da subito il pubblico con un’ouverture che ha galvanizzato tutti: a cominciare dai più piccoli, presenti numerosi in sala. D’altronde è noto che il Barbiere, dramma comico in due atti, con i suoi personaggi paradossali, è una delle opere più indicate per avvicinare i bambini alla lirica.
Nessuno dei protagonisti ha sbagliato i pezzi principali del suo personaggio. Il Figaro di Carlo Sgura ha conquistato subito tutti con la cavatina Largo al factotum della città. La Rosina di Greta Carlino ha commosso con Una voce poco fa. Nelle opere più conosciute scatta sempre l’effetto-riconoscimento: applausi dopo pochi minuti con il coro Piano, Pianissimo di Fiorello con il Conte e il Coro nascosto nella Buca.
Idem con la canzone Se il mio nome saper voi bramate del Conte di Almaviva, Paolo Nevi. Attesissima e buona nell’esecuzione La Calunnia è un venticello di Don Basilio, qui in versione rettile, interpretato da Davide Sabatino.
E la governante Berta fa uno spogliarello
Stessa cosa per A un dottor della mia sorte di Don Bartolo, Giampiero Delle Grazie. Il teatro è venuto giù, soprattutto nelle ampie fasce di pubblico giovanile quando la vecchia governante Berta, Gabriella Ingenito, ha attaccato la sua aria da soprano Il vecchiotto cerca moglie, facendo a metà del brano un vero spogliarello seduta su una panca in stile lap dance, fino a rimanere in corsetto: rivelando così la vera età anagrafica e le relative forme non da silfide ma da apprezzabile curvy.
Il balletto con i palloni di Luca De Rinaldo, Pietro Esimio, Davide Riminucci, Amedeo Podda, Samuel Moretti, Sara Mennella, Erika Melli e Miryam Tomè ha ricordato quello di Charlie Chaplin ne l grande dittatore: bravi i mimi anche a trasformarsi nella caricatura dei soldati e quindi del potere, indossando maschere da Paperino quando erano costretti a constatare che il loro potere si applica solo alla povera gente e non al potere vero, quello del Conte d’Almaviva (benchè travestito).
Siviglia-Genova, andata e ritorno in treno
Ultima notazione per lo sketch comico di inizio e fine dell’opera: quando mimi e cantanti salgono su un treno in stile accelerato di una volta, che tra scossoni e affollamento fa prima il tragitto Siviglia-Genova e poi Genova-Siviglia, con tanto di annunciatore. Chapeau all’insegna del sorriso.