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IL BERRETTO A SONAGLI

Pino Caruso di nuovo in scena nei panni di Ciampa

Pino Caruso di nuovo in scena nei panni di Ciampa

Avevamo lasciato Caruso due anni fa nell'allestimento moderno della commedia pirandelliana di Giuseppe Dipasquale, che faceva calare, invece del sipario, una ragnatela a suggellare la pazzia di donna Beatrice, e lo ritroviamo in questo nuovo allestimento più fedele alla tradizione, il cui adattamento è firmato oltre che dal regista e produttore  Francesco Bellomo, anche da Moreno Burattini e da Caruso stesso.
Nell'iconografia teatrale Ciampa ci viene presentato come un uomo vecchio che, per conservarsi la moglie giovane, è stato costretto a qualunque compromesso1.

In realtà, se andiamo a leggere le didascalie di Pirandello, come al solito generose, scopriamo che Nina, la moglie di Ciampa, è sui trent'anni2  mentre Ciampa è sui quarantacinque anni, tutt'altro che un "vecchio che ha la moglie giovane" dunque.
Eppure questa lettura ha finito per prevalere.
Pino Caruso ha il merito di restituire a Ciampa se non la giusta età la flemmaticità con cui lo dipinge Pirandello sottraendosi all'enfasi della recitazione con la quale i grandi interpreti del passato lo avevano seppellito.

L'attenzione al testo ha indotto Bonomo a recuperare alcune scene espunte, come quella a inizio del secondo atto, quando donna Beatrice vede due scorpioni tra le lenzuola, presagio di sciagura e tradimento, e di intervenire sul lessico facendo usare ai personaggi il dialetto per i discorsi più personali (tra donna Beatrice e Fana, tra suo fratello Fifì e la loro madre donna Assunta) e l'italiano per quelli più ufficiali (quelli del delegato Spanò, che diventa un più compresnibile  commissario e tutti i discorsi di Ciampa).
Una licenza legittimata non solo da un punto di vista sociale (il doppio registro lessicale italiano/dialetto è una consuetudine praticata ora come allora) ma anche dal fatto che la commedia vide la sua prima luce in dialetto siciliano.

Unica deroga al testo l'intervento di polizia nella casa di Ciampa, per cogliere gli amanti in fragrante adulterio, che in Pirandello è raccontato e non mostrato, con cui si apre lo spettacolo, per ribadire che i sospetti di donna Beatrice non sono frutto della sua fantasia (visto che il verbale minimizza sulla natura adulterina dell'incontro) ma sono un dato di fatto.

La tradizione teatrale ha sempre fatto di Ciampa il personaggio principale della commedia anche se  la vicenda ruota in realtà attorno a donna Beatrice Fiorìca, la quale, stanca di sopportare il tradimento del marito (che nella commedia non si vede mai) e sobillata dalla popolana Saracena vuole fare in modo che venga sorpreso dalla forze dell'ordine con la sua amante, la moglie di Ciampa,  un sottoposto di suo marito. La denuncia, che si risolve con l'arresto degli adulteri, le si ritorce contro portando discredito alla sua famiglia così come a Ciampa il quale pensa che, per riabilitare il suo onore, donna Beatrice debba fingersi pazza. E così succede.

Se è Ciampa a emergere come personaggio centrale (pur avendo meno scene di donna Beatrice) è sia per il ruolo interpretato da quello che una volta era il capocomico (quando c'erano ancora compagnie stabili) sia per la filosofia delle tre corde con la quale Ciampa spiega le relazioni sociali fatte di apparenza e di ruoli, paragonati a un Pupo (la marionetta siciliana).
E' per la sua filosofia (che è quella di Pirandello) che Ciampa si impone nella commedia mentre donna Beatrice è ridotta al ruolo di donna incauta la cui denuncia espone tutti al pubblico ludibrio.

Una lettura legittima ma parziale, che non tiene conto del meccanismo della comicità pirandelliana, quel sentimento del contrario che informa un po' tutte le sue commedie, questa compresa dove Pirandello si diverte a descrivere i suoi personaggi con piglio ironico che l'allestimento di Bonomo restituisce con le notazioni comiche del secondo atto, grazie all'intervento squisito e indovinatissimo della grande Anna Malvica, nel ruolo di donna Assunta, che ruba la scena anche solo con un'espressione del volto, alleggerendo di molto il dramma del disonore e quel perbenismo borghese che è uno dei fulcri della commedia.

Bene anche gli e le altre interpreti con l'unica eccezione di Alessio Di Clemente nel ruolo di Fifì dalla recitazione più consona, nei toni e nella velocità di dizione, alle fiction televisive che al teatro che richiede sempre una certa perentorietà nella dizione che a Di Clemente  manca del tutto.
Tradizionali ed esornative le scene che ripropongono svogliatamente degli interni borghesi qualsiasi (un pianoforte, un tavolo, un divano e un quadro appeso al muro) senza una vera funzione narrativa tanto che l'effetto sarebbe stato lo stesso anche avessero tutti recitato in una scena astratta.

L'unico momento di rilievo è nel finale quando i vicini di casa e la gente del paese, attirati dalla pazzia inscenata da donna Beatrice, e che in Pirandello compaiono in scena, sono rappresentati dalle sagome di alcuni manichini che compaiono dietro lo stesso velatino dal  quale, a inizio spettacolo, abbiamo assistito all'irruzione della polizia in casa Ciampa.
Un finale che restituisce come è giusto che sia il ruolo di vittima a donna Beatrice, costretta a fingersi pazza, mentre fa di Ciampa un vindice solitario e quasi malvagio quando scoppia nella risata su cui cala il sipario, una risata che Pirandello nelle didascalie specifica essere orribile e di rabbia, di malvagio piacere e di disperazione al tempo3.

Alla fine, dopo gli applausi, meritatissimi, Pino Caruso spende due parole con il pubblico lamentandosi del posto sempre più secondario che la cultura ha nel nostro paese, che relega il teatro in televisione a notte tarda nelle stesse ora della pornografia. Solo che per il porno si rimane in piedi, commenta Caruso,  per il teatro no.
L'attore ricorda come la cultura non è un consumo di risorse ma produce lavoro e dunque favorisce la ripresa, e infatti nel resto d'Europa i finanziamenti sono stati aumentati... E conclude ricordando come una mente che non legge e non fa uso della cultura non si allena e rischia di lasciarsi suggerire dagli altri cosa deve pensare.
Così il pubblico in sala se ne va con l'impressione di continuare a vivere in una commedia pirandelliana...

Visto il 07-03-2013
al Ghione di Roma (RM)