Premessa. Una cosa è Salemme, una cosa è lo spettacolo.
Da solo, l'attore campano basta per tirare le fila di un copione che parte bene e si perde (è un bene?) tra i frizzi e i lazzi della sua straordinaria comicità. La sua verve istrionica, in qualunque salsa, lascia a bocca aperta: riempie la scena, cattura lo spettatore, ti fa venire voglia di stringergli la mano a sipario ancora aperto.
"Il Diavolo Custode" racconta del signor Gamberdella, esempio lampante di uomo fallito e roso dalla crisi, con fardello di debiti sulle spalle e famiglia consumistica da schiaffoni. Una situazione che lo pone davanti a cupi pensieri, fatti di pallottole da sparare a qualcuno.
Ed è nella debolezza che arriva la tentazione: compare il diavolo (Salemme) che, con l'assistente apprendista, offre a Gambardella la seconda opportunità. Nulla è gratis, nessuno fa niente per niente. In cambio, come nella migliore tradizione, una cosuccia: l'anima.
Giù la quarta parete, luci in sala: un paio di gag coinvolgono gli spettatori, che interagiscono con Salemme e diventano parte integrante di alcune parti dello spettacolo. Il pubblico diventa dunque la coscienza pubblica del povero Gambardella: carino il risultato, ma che distoglie un po' (di nuovo!) dal filo narrativo.
Finale con classico monologo strapparisate su uomo e donna, con l'intento di trovare (e dare) una morale. Salemme vince e convince, nonostante le continue uscite di strada del testo.
Prosa
IL DIAVOLO CUSTODE
Quel diavolo di Salemme
Visto il
13-12-2013
al
Manzoni
di Milano
(MI)