Il teatro magico di Paolo Poli si affida alla consegna di una letteratura più intima ed appartata; questo nuovo, elegante spettacolo è ispirato dai racconti di Anna Maria Ortese, scrittrice dalle modulazioni inquiete, che prendono forma in una costruzione scenica rigorosa ove si alternano sapientemente il tocco delicato e il guizzo irriverente, l’elegia e l’ironia, il vaudeville e l’ars poetica. La struttura riprende il modello drammaturgico già sperimentato coi Sillabari di Parise, altro autore dai riverberi apollinei che l’attore fiorentino predilesse nel suo precedente lavoro, con esiti altrettanto raffinati.
Sia chiaro, per un maestro della scena come Paolo Poli il testo è più che mai pretesto: il protagonista assoluto è lui, l’istrione fanciullo che magnetizza l’uditorio con la voluttà della sua recitazione saettante e ipnotica, e della sua arte sopraffina, gelosamente protetta dalle bruttezze del secolo e dall’ingiuria della banalità. Poli imprime la sua misura stilistica ai racconti della Ortese, cosicché sulla narrazione elegiaca e a tratti inquieta di storie senza un epicentro fluisce il respiro dell’incredulità che toglie peso alle cose, restituendo una realtà conosciuta attraverso le rivelazioni di un adolescente.
La levità, per Italo Calvino misura indispensabile delle cose umane, è dunque il riflesso dominante di ogni evento sulla scena; così la bambina dagli occhiali spessi, che malinconicamente apre Il mare non bagna Napoli, ha adesso una vitalità impertinente che la protegge dalla visione del mondo. La levità è poi colore naturale nei siparietti musicali, che riprendono canzonette e musiche d’antan; irresistibile la faraonica Wanda Osiris che si esibisce sinuosa svelando, con un pizzico di vanità d’attore, la schiena nuda. Quattro giovani e versatili attori, fluidi nella recitazione e nelle coreografie danzate, si alternano abilmente sulla scena, ben accompagnando Poli nei suoi fraseggi.
Quando le luci in sala si riaccendono, e gli spettatori sono arrampicati fin sul loggione, è una festa del cuore scoprire che un pubblico di ogni età riempie la grande sala del Bellini; il teatro di Paolo Poli ha una sua nobiltà assoluta – visibile ben oltre i modesti confini della popolarità televisiva – che ne fa uno dei massimi interpreti della scena contemporanea, oltre che un magnifico testimone del Novecento italiano.