Lirica
IL MATRIMONIO SEGRETO 

Garbato e gioioso, “Il matrimonio segreto” di Cimarosa rallegra il Carnevale di Venezia

Il matrimonio segreto
Il matrimonio segreto © Michele Crosera

Omnia vincit amor, recita un citatissimo detto di Ovidio. Perfetto esergo per una commedia in equilibrio fra tenerezza e comicità qual è Il matrimonio segreto. Lavoro che il Teatro La Fenice porta in scena sul finir del Carnevale 2023, in alternanza a Il barbiere di Siviglia di Rossini, riproponendo per quest'ultimo il collaudatissimo allestimento di Bepi Morassi e Lauro Crisman, ma offrendo per il capolavoro di Cimarosa una produzione nuova di zecca, con regia di Luca De Fusco, scene e costumi di Marta Crisolini Malatesta

Viene riproposta così in Laguna, a distanza di quindici anni dall'ultima apparizione, la sola piéce musicale del nostro '700 mai rimossa dai cartelloni, adorata da Stendhal che ne faceva il vertice del suo genere. Opera ininterrottamente presente sulle scene al pari del pannello Mozart/Da Ponte, costituendo con esso un pannello di titoli andati in scena in un unico, breve lustro - dal 1787 al 1792 - siglando a modo loro l'Epoca dei Lumi.

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Regia accettabile, scenografia fuori posto

Non che tutto vada per il verso giusto. La regia procede fluida, con buona cura del ritmo e della gestualità, mettendo a fuoco il piacevole e colorito intreccio del libretto di Giovanni Bertati. Senz'altro il migliore capitato in mano, fra i tanti intonati, al compositore di Aversa, che trova ispirazione per una partitura sublime, attraversata da accattivanti melodie e sostenuta da un'orchestrazione raffinatissima. Ma è una regia che alla fine non produce nulla di nuovo, nella quale il mestiere prevale sull'arte.

Ma è' la scialba scenografia che non ci piace per nulla, scollata ed avulsa com'è dal resto: un affollamento di grandi cornici vuote, qualcuna con specchi, oppure chiusa da porte. In alto vi appaiono a tratti immagini che nelle intenzioni registiche traspongono visivamente i pensieri dei personaggi; vedi i cuscini di piume svolazzanti allorché le due sorelle bisticciano, o le cascate di monete allorché Geronimo parla di nozze. 

Ma poi vi spuntano anche dei brutti fumetti porno soft, decisamente fuori squadra. Unico momento veramente riuscito, grazie alle luci di Gigi Saccomandi, il notturno stellato. Gli abiti sono carini, accurati e ben disegnati; rispecchiano pienamente l'epoca, però a ben vedere son sempre i soliti.

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Cinque debutti per altrettanti ruoli

Curiosamente, il cast veneziano registra una valanga di debutti, in cinque ruoli su sei totali. Esordisce nei panni di Carolina il soprano Lucrezia Dei, sposina tenera e determinata al tempo stesso. La voce risulta innegabilmente espressiva, fresca, luminosa e morbida, oltre che ben timbrata e ben amministrata.

Esordisce quale Paolino un tenore squisitamente lirico qual'è Juan Francisco Gatell, e c'è da chiedersi come mai nessuno abbia innanzi pensato prima a questo cantante dotato d'un bel timbro squillante, disinvolto nelle agilità, capace d'un fraseggio oculato, fantasioso e vario. 

Affrontano ora alla Fenice, e con risultati encomiabili, le figure di Fidalma e di Elisetta rispettivamente il mezzosoprano Martina Belli, ed il soprano Francesca Benitez. L'una e l'altra interpreti musicalissime e scenicamente perfette, grazie alla briosa comunicativa. Evitando ogni matronale sussiego, la prima tratteggia una pruriginosa, esuberante femminilità; la seconda riesce a dar vita ad una ragazza impettita, indisponente e asprigna, come la parte richiede.

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Due ottimi bassi

L'ultimo debutto di cui sopra vede la palandrana di Geronimo indosso al Pietro Di Bianco, giovane basso-baritono dall'ineccepibile e colorita linea di canto, incline per di più ad evitarci il solito cliché del vecchio babbeo. 

Solo il baritono Omar Montanari si trova a replicare per noi un Conte Robinson già rodato al Massimo di Palermo non molti mesi fa, centrando appieno il suo personaggio: un disincantato “uomo di mondo” - quante volte ce lo ripete! - un po' cinico, un po' bonario, reso con strepitosa verve ed una linea di canto duttile e tecnicamente corretta. Ma anche con piacevole rotondità di timbro.

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La direzione, alquanto deludente

Dal podio dell'Orchestra di casa, Alvise Casellati delude le nostre attese. Scarsa l'intesa con gli interpreti, evidente sopra tutto nei concertati, ma il maestro padovano è debole sostegno anche nel resto. 

La concertazione risulta sbrigativa e superficiale, sa un po' di vecchio, è pesante e molto manierata, manca di respiro e financo di teatralità; e poi procede senza gioco di chiaroscuri, di mezze tinte, con una dinamica complessivamente piatta. Impeccabile maestro al cembalo, Roberta Paroletti. Però i recitativi sono stati grezzamente accorciati, facendo strazio del libretto del povero Bertati.

Serata di San Valentino, teatro affollatissimo. Non son mancati spettatori in maschera, né copiosi applausi per tutti.
 

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Visto il 14-02-2023
al La Fenice di Venezia (VE)