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IL MERCANTE DI VENEZIA

Un magistrale Branciaroli nel Mercante di Venezia

Il Mercante di Venezia
Il Mercante di Venezia

Un Mercante di Venezia inedito e brillante quello del mattatore Franco Branciaroli, con la regia e l'adattamento di Paolo Valerio. Uno Shakespeare ibridato con Carlo Goldoni nella forma, con una verve nettamente e inaspettatamente comica, ma elisabettiano nella sostanza profonda. Come da copione arriva l'happy end, con il cattivo usuraio bastonato e punito: ma resta l'amaro in bocca per la miseria delle relazioni sociali e della condizione umana. 

GLI SPETTACOLI
IN SCENA IN ITALIA


Una condizione dominata, allora come oggi, dalla sopraffazione, dall'odio viscerale preconcetto, dal pregiudizio razziale, dalla discriminazione, dalla propensione al raggiro: e in questo sta la inalterata modernità dei testi shakespeariani. 

La società elisabettiana era violentemente antisemita; l'opera portata in scena da Branciaroli restituisce perfettamente questa connotazione – in modo a tratti crudo - e questo può risultare urticante alla luce della sensibilità moderna.


Ma ad una lettura più approfondita emerge chiaramente che il bene e il male non sono esclusivo appannaggio di una delle due parti in causa, che il desiderio di vendetta di Shylock forse è giustificato dal disprezzo con cui viene trattato, e che probabilmente i difetti dell'ebreo non sono così diversi da quelli della società veneziana nel suo complesso.

Va in scena la complessità delle relazioni umane

Per tentare di restituire un po' di giustizia e umanità alla fine arriva il Doge in persona: un deus ex machina di nome e di fatto, visto che un artifizio della scenografia lo fa apparire e parlare dall'alto, sopra il palcoscenico. Prima di quel momento va in scena la complessità della vita umana: rapporti sociali e interreligiosi non pacificabili, amore e odio, lealtà e sotterfugio, avidità e generosità. 


Ma anche il generoso commerciante Antonio - dopo essere scampato alla morte grazie a un escamotage della bella Porzia - si rivela crudele. Il commerciante impone infatti la conversione a Shylock, ben sapendo che in questo modo annienta il rivale nella sua più intima natura, privandolo della sua stessa identità. 

Un grande Branciroli/Shylock mantiene la maschera tragica e una sua dignità anche mentre i suoi progetti di rivalsa sociale franano come un castello di carte. 

 


Shylock è derubato e umiliato dalla figlia, che in odio al padre diventa scialacquatrice, sposa un cristiano e si converte; raggirato dall'inganno di Porzia che si finge giovane dottore in legge; frustrato nel suo tentativo di fare rispettare il contratto che impone ad Antonio di pagare il suo debito con una libbra di carne prelevata vicino al cuore; derubato a tutti gli effetti della cifra che ha prestato ad Antonio a favore del giovane sprovveduto e avventato Bassanio: alla fine la sorte di Shylock muove quasi a compassione e pietà lo spettatore.

L'ebreo, vittima o carnefice?

Shylock, quindi, è davvero un feroce carnefice o piuttosto una vittima di antisemitismo nella splendente repubblica marinara? Un ricco cast di giovani attori, anche propensi al gesto ginnico, bilancia il peso della figura di Franco Branciaroli, autore di un’interpretazione magistrale. Il protagonista mette in luce tutte le sfaccettature dell'usuraio: una figura misteriosa, crudele nella sua sete di vendetta e rivalsa, ma anche capace di suscitare la compassione degli spettatori.

Suggestiva la scenografia di Marta Crisolini Malatesta, con le pareti di solida pietra (dure e aspre come il cuore dell'usuraio) su cui si aprono finestre di luce su due livelli, ad ospitare innesti di scene e personaggi. Filologici i costumi di Stefano Nicolao.
 

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Visto il 24-11-2022
al Ivo Chiesa di Genova (GE)