Nessun altro, in Italia, avrebbe potuto interpretare questo ruolo se non Alessandro Haber. Uno spettacolo che fa uscire prepotente l’impagabile ruolo del teatro.
A chi dice che il teatro contemporaneo è arido e senza futuro, la risposta è Florian Zeller. La scrittura del giovane drammaturgo francese è una conferma: semplice, coinvolgente, ironica. E, con Le Père (Il Padre), ne trova la rappresentazione più alta.
Il testo del 2012 - pluripremiato e portato in scena prima a Londra e poi a Broadway con il grande Frank Langella - è arrivato in Italia a inizio 2017 (finalmente, potremmo dire) e promette standing ovation a profusione.
Buio, luci, ombre
Un padre (anziano, ma non troppo), mostra i primi cedimenti dovuti all’Alzheimer. L’adorata - e adorante - figlia (Lucrezia Lante della Rovere) ne prende atto, occupandosene con amore, dolore e non senza difficoltà.
Il padre barcolla, ma non molla: i ricordi si perdono, confonde le persone, rimescola tempi e spazi. E se le amnesie gli tolgono la coscienza su tanti dettagli, i ricordi sparsi ce lo raccontano come un uomo che vuole vivere, che cerca i suoi spazi e che non rinuncia alla leggerezza. Con un’unica, costante ossessione: trovare il suo orologio, fido scudiero che può aiutarlo ad ancorarsi a un presente che gli sfugge.
Storia essenziale, con regia e scene essenziali; l’arco narrativo è disegnato dal buio e dalle luci di questa mente che si scompagina, in un atto unico di un’ora e quaranta minuti che contiene - senza comprimerle - una, due, dieci vite. Luce e buio scandiscono la mente del padre che sovrappone tutto, ma con quel buonumore di chi non ha voglia di farsi confondere.
Fenomelogia Haberiana
Un testo così ha un unico, grande obbligo: avere un protagonista all’altezza.
Nessun altro, in Italia, avrebbe potuto interpretare questo ruolo se non Alessandro Haber, che ne tratteggia un personaggio delicato e dolcissimo, dall’esito stilistico indimenticabile. Una prova d’attore che t’inchioda alla poltrona, tra sorrisi amari, fiato trattenuto e risate liberatorie, che ha il potere di nascondere -letteralmente- chiunque altro si aggiri sul palcoscenico (non ce ne vogliano tutti gli altri, comunque molto bravi). Haber ci fa commuovere, ma senza lacrime, in uno slancio verso “quella” figura fragile che ognuno di noi ha incontrato nella vita, anche solo in modo proiettivo.
Top Ten
Uno spettacolo che fa uscire prepotente l’impagabile ruolo del teatro: ti spinge a rivedere le priorità, a struggerti per chi non hai più e ad amare chi ancora puoi amare.
C’è tutto, in questo piccolo gioiello drammaturgico: ironia, immedesimazione, vita. Si torna a casa con il cuore gonfio, ma consapevole: senza “se” e senza “ma", Il Padre è uno degli spettacoli più belli degli ultimi dieci anni.