Classica
IL PAESE DEI CAMPANELLI

Cent'anni, e non li dimostra. “Il paese dei campanelli” festeggia il suo secolo di vita a Trieste

Il paese dei campanelli
Il paese dei campanelli © Fabio Parenzan

Il Festival dell'operetta di Trieste, ritornato in vita per la gioia degli appassionati, festeggia al Teatro Verdi di Trieste i cento anni di vita d'uno dei titoli più amati della 'piccola lirica' italiana: Il paese dei campanelli, consegnato al Teatro Lirico di Milano il 23 novembre 1923 dall'inedito tandem formato da Carlo Lombardo (1869-1959) e Virgilio Ranzato (1882-1937). Un'accoppiata di successo, che avrebbe poi dominato per una decina d'anni le nostre scene teatrali.

GLI SPETTACOLI
IN SCENA IN ITALIA

Napoli e Venezia a braccetto

Napoletano di nascita, Lombardo era una vecchia volpe del palcoscenico, esperto autore e direttore – nonché impresario - di fortunate operette, sue ed altrui. Veneziano era invece Ranzato, apprezzato concertista da camera, già primo violino della Scala ed occasionalmente direttore d'orchestra; ma pure un fior fiore di compositore, già autore di varie opere teatrali 'serie', oltre che di cinque non memorabili operette. 

Il propizio incontro fra i due, in quegli inizi degli Anni Venti, produsse una lunga serie di lavori rivolti al teatro d'intrattenimento leggero: una sorta di Garinei & Giovannini ante litteram, se vogliamo. Pur se il travolgente successo de Il paese dei campanelli, e due anni dopo quello della deliziosa Cin-Ci-Là, non sarebbe stato eguagliato dalla decina di titoli che la coppia, avvalendosi anche di altri librettisti, diede alle scene nel decennio successivo.

Un po' operetta, un po' rivista

Siamo in un ridente paesino olandese, dove ogni casa ha un vigile campanello pronto a tintinnare se vi è commessa un'infedeltà coniugale. La pace che vi regna da tempo immemore viene sconvolta dall'arrivo di una nave militare con il suo carico di aitanti marinai, che conquistano i cuori delle olandesine indispettendo i loro mariti. 

Guardando un po' al teatro di rivista – di qui l'inserimento di numeri 'esotici' quali «In una piccola tazza di thé» e «Balla la giava» - un po' al musical anglo-americano, e concedendosi qualche ammiccamento malizioso, il bonario e divertente soggetto intessuto da Lombardo porta in scena, come scrive Ernesto Oppicelli, «un erotismo condito di lune romantiche e fiori che parlano al cuore, di quadri musicali che cadono a pennello, ora brillanti ora lirici, concedendosi ai ritmi in voga – il fox e la giava – o librandosi alla pura melodia italiana».

Andrea Binetti e Danae Rikos

Dopo settant'anni, un ritorno alla grande

Per il Verdi di Trieste, Il paese dei campanelli andò in scena nel 1953 a San Giusto, direttore il compianto Cesare Gallino. Il compito di riprendere ora questo piccolo capolavoro – con scene e costumi indubbiamente belli e indovinati, ma non firmati - il Verdi e l'Associazione Internazionale dell'Operetta FVG l'hanno affidato al geniale regista Andrea Binetti, che per questa “tavolozza di colori e di emozioni con personaggi quasi felliniani” - sono parole sue - ha costruito uno spettacolo colorito e spassoso, spedito nel ritmo e coinvolgente: il folto pubblico - magari astutamente sollecitato da quella simpatica canaglia - vi partecipa con palese divertimento.

Uno spettacolo ricco di piacevoli gags, pur avendo snellito di qualche situazione la trama originale per adattarlo ai tempi nostri. Senza sacrificare tuttavia la sfilza degli orecchiabili numeri musicali che lo punteggiano, fischiettati all'epoca da mezza Italia. E che hanno mantenuta intatta, cento anni dopo, tutta la loro piacevolezza.

Michela Vitali, Gillen Munguia, Danae Rikos e Selma Pasternak

Regista, ed anche interprete

Binetti stesso vi contribuisce in scena, trascinante e simpaticissimo, interpretando quel pasticcione di La Gaffe; Selma Pasternak rende bene la tenera e sognante Nela, supportandola con adeguata e morbida linea vocale; Gillen Munguía è un affascinante, musicalissimo comandante Hans; la bella Danae Rikos si rivela frizzante e spiritosa soubrette, conferendo giovanile vitalità alla sua Bombon; Federica Vinci irrompe alla fine con la sua Ethel. Spigliata, ma vocalmente deboluccia. 


Il trio di amministratori paesani Tarquinio Brut, Attanasio Prot e Basilio Blum è reso con immediatezza e simpatia da Max René Cosotti, Gualtiero Giorgini e Alessio Colautti. La vulcanica, bravissima Michela Vitali è una travolgente (ed assatanata) Pomerania; il bravo Giacomo Segulia il marinaio Tom.

Salito sul podio dell'Orchestra del Verdi Andrea Albertin si mostra all'altezza del non facile compito: concerta e dirige con cura appassionata e conveniente levità una partitura che, valutata con orecchio attento, possiede anche un buon spessore strumentale. Determinante la presenza del Coro preparato da Paolo Longo. I movimenti coreografici, affidati ad alcuni ballerini, li firma Morena Barcone.
 

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Visto il 11-06-2023
al Verdi di Trieste (TS)