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IL PIACERE DELL'ONESTà

Il piacere dell’onestà: l’eterno dualismo pirandelliano tra essere e apparire

Il piacere dell’onestà
Il piacere dell’onestà

Ne Il piacere dell’onestà, prodotto dal Teatro Metastasio, d’effetto è la scelta del contrasto tra i bei costumi, l’interpretazione degli artisti sul palco, le scenografie e i costumi. Insomma, tutto è studiato nei minimi particolari.

Pirandello affascina e sorprende ogni volta per la sua sconcertante attualità. Un autore, le cui opere sono specchio di qualsiasi tempo, forse perché la verità è sempre scomoda per chi non la indossa abitualmente. E in ogni epoca storica sono più quelli che non la amano che quelli che la vivono e la difendono. Le “maschere” reali o virtuali sono di fronte a noi ogni giorno: apparenza e sostanza, onestà necessaria, ma tiranna per chi vive nell’ipocrisia, e rappresentata con grande efficacia dai protagonisti.

Ne Il piacere dell’onestà, prodotto dal Teatro Metastasio, d’effetto è la scelta del contrasto tra i bei costumi, di Marzia Paparini, dalla fattura settecentesca e gli abiti moderni di Baldovino nella prima e nell’ultima scena in cui compare, per evidenziare forse proprio l’eterna validità del testo pirandelliano. Quell’Angelo “caduto” trova il suo riscatto sociale accettando di rappresentare l’onestà di cui il marchese ha tanto bisogno… Interpretato da Alessandro Averone, che ha curato anche la regia, cattura il pubblico con le sue dissertazioni quasi filosofiche, complicate, ma solo in superficie. Lui è “quasi una divinità” perché la sua vita di marito e padre è totalmente inconsistente in quanto falsa, pertanto lui stesso diventa “una pura forma astratta”!


L’efficacia dei contrasti

Attività frenetica e pacatezza si alternano con efficacia, tra l’esagitazione a tratti nevrotica della madre Maddalena (Laura Mazzi) e del nobile Colli (Marco Quaglia) e la dileggiante tranquillità del cugino Setti (Mauro Santopietro), l’amenità spirituale del Parroco (Gabriele Sabatini), fino alla dolce dichiarazione d’amore di Agata (Alessia Giangiuliani) che stupisce e turba il diretto interessato, divenuto personificazione dell’onestà e perciò è amato.

La scenografia di Alberto Favretto fa da ottima cornice con un misto tra arredi antichi, che ben si sposano con gli stucchi e i fregi dei teatri d’epoca come il Verdi di Pisa, ed elementi di modernità, quale un’indefinita pioggia di fili bianchi creante l’effetto ottico di più livelli scenici e un enorme paralume rosso. Da questo originano il gioco di luci, creato da Luca Bronzo, che diffondono o si concentrano evidenziando a momenti quadri di caricature, dove ogni maschera si oppone al proprio doppio.


Potenza di musica e parole

Inaspettato, ma molto calzante l’uso delle musiche di Mimosa Campironi che fanno da spartiacque tra le scene, (dal rock al pop, passando per il brano di musica classica di Charles Gounod, colonna sonora della serie di Hitchcock) senza crescendo o calando, ma comparendo con potenza e sparendo in un soffio, con l’effetto di cristallizzare la forza del testo.

Visto il 23-03-2019
al Verdi di Pisa (PI)