“Affection, thy intention stabs the centre. Thou dost mafe possible things not so held.” È la citazione shakespeariana, riportata su un elemento della scenografia. Inglese antico, come uno schiaffo alla platea: “Oh, desiderio! La tua mira fa centro: tu rendi possibili cose non credute”! La citazione ripresa da “Il racconto d’inverno” di Shakespeare, anche tradotta, continua a stordire per la sua crudezza veritiera.
Nel nuovissimo Teatro Elfo Puccini, creato dal trasferimento del Teatro dell’Elfo (fondato nel 1973 da Gabriele Salvadores e Ferdinando Bruni), nello stabilimento appena ristrutturato del Teatro Puccini (uno dei luoghi più importanti dagli Anni Trenta), va in scena “Il racconto d’inverno”, tragicommedia shakespeariana a lieto fine diretta da Ferdinando Bruni ed Elio De Capitani.
Tra la bianca scenografia, ambientata in Sicilia, prende vita l’opera. Il re di Boemia, Polissene, è ospite ormai da lungo tempo alla corte del re Leonte, di sua moglie Ermione e di alcuni baroni siciliani. Prossimo al rientro in patria, è soggetto alle lusinghe dell’amico d’infanzia Leonte, determinato ad ospitarlo ancora. Su preghiera dello stesso sarà proprio Ermione, prossima al parto del secondo figlio, a convincere Polissene ad approfittare dell’ospitalità. Proprio questa decisione trasformerà la storia in tragedia: Leonte, assediato da folle gelosia, cercherà di uccidere Polissene, imprigionerà Ermione ed infine disporrà l’abbandono ai confini del regno della neonata Perdita, scatenando l’ira dell’Oracolo di Delfi.
Dopo la prima parte in cui la tragedia affiora e si manifesta in tutta la sua crudezza, in coerenza con l’opera shakespeariana, vi è una seconda parte in cui i due registi lasciano affiorare una maggior leggerezza, mantenendo la connessione con l’originale. Proprio in questa parte però, riscrivono una figura novecentesca di Autolico, che a tratti lascia alcuni dubbi se analizzata nel più ampio contesto, pur non mettendo in discussione gli alti livelli sia per regia che interpretazione del resto della rappresentazione.
Magistrale l’interpretazione sia di Bruni (Leonte) che di De Capitani (Polissene). I due, che collaborano stabilmente dal 1984, hanno raccolto innumerevoli successi personali: elogiato per le grandi interpretazioni il primo (perfino dal Financial Times per il suo ruolo di Amleto), ed insignito di numerosi premi e seguito dalla stampa per i ruoli cinematografici (“Sogno di una notte d’estate” di Salvadores, “Il caimano” di Moretti, “Uccidete la democrazia” di Oliva) il secondo. Pregevole anche il lavoro di Gabriele Calindri (noto doppiatore) sul personaggio di Camillo. Fondamentale anche la determinazione di due donne Cristina Crippa (Paolina) ed Elena Russo Arman (Ermione) che emerge perfettamente nel carattere dei loro personaggi e che è determinante nelle scontro uomo-donna presente nell’opera. Ottima prova anche per la giovane Camilla Semino Favro, vincitrice del premio alla Vocazione per giovani attori nel 2009.