Se fare un buon spettacolo non è da tutti, farlo ottimo è ancora più difficile.
“Il secondo figlio di Dio”
Ai tempi di Gaber si parlava di teatro canzone. La nuova formula che sperimenta con un certo successo Simone Cristicchi, aiutato dalla regia di Antonio Calenda, si potrebbe chiamare teatro memoria. Si tratta in pratica di modulare le abilità canore di un artista alla storia più vera e trovare un compromesso artistico che sappia incuriosire lo spettatore al punto da catapultarlo nella storia.
Come in Magazino 18 ancora una volta lo spettacolo porta in scena uno spaccato della storia italiana sconosciuto ai più, il racconto dimenticato di un uomo che è detto il “Cristo dell’Amiata” e di cui si sa troppo poco.
In scena Cristicchi è solo nell'immensità del racconto e lo sostiene per cento minuti in cui canta, si muove e non si ferma.
Quanto è bravo, verrebbe da dire. Quanto poco è riconosciuta la sua grandezza artistica, è il commento successivo.
Perché il fascino di questo autore e interprete non è confinato solo nell’accento toscano riprodotto alla perfezione o nella sofferenza quasi fisica che trasmette.
La sua grandezza sta nel aver cercato e trovato ancora una volta una storia scomoda e controcorrente. Una di quelle che arrivano al cuore per non lasciarlo più.
C’è da sperare che la coppia Cristicchi Calenda riservi ancora ulteriori soddisfazioni. Nel frattempo scoprire chi era David Lazzaretti è quasi un obbligo.
Prosa
IL SECONDO FIGLIO DI DIO
La prova d'artista più importante
Visto il
26-11-2016
al
Carcano
di Milano
(MI)