Lirica
IL TROVATORE

A Modena "Il Trovatore" di Verdi è sobrio e ardente: un successo che si ripete

Il Trovatore
Il Trovatore © Rolando Paolo Guerzoni

Un successo che si ripete: Il trovatore affidato al tandem Matteo Beltrami/Stefano Monti - direzione musicale il primo, scenica il secondo – ottenne un 'tutto esaurito' nelle recite marzoline al  Teatro Municipale di Piacenza; e traslocato sul palco del Comunale di Modena ha registrato un analogo risultato. 

Sala dunque affollatissima in queste fredde giornate di primo dicembre, segno che Verdi – almeno il Verdi più nazionalpopolare – non finirà mai di invogliare il pubblico. Anche tutto il cast, peraltro, doveva essere eguale: ma i malanni di stagione hanno messo fuori gioco Chiara Isotton ed Ernesto Petti, sostituiti all'ultimo da Marta Torbidoni e Dalibor Jenis.

foto Rolando Paolo Guerzoni

Una voce dalle Marche, una dalla Slovacchia

Il soprano marchigiano dipana la sua Leonora con eleganza e stile, sfruttando a fondo il dono d'una voce calda e fluente, morbida e levigata, ed omogenea dal basso all'alto. Fraseggia con purezza di suono, con passi d'agilità ed acuti che fluiscono facili e naturali, senza mai forzare il suono. Le acclamazioni più lunghe sono per lei, dopo «D'amor sull'ali rosee». 

Il baritono di Bratislava affronta il Conte di Luna più sul lato sanguigno, da autentico mauvais, che su quello aristocratico e bellicoso: di qui un andamento febbrile, una vocalità quasi aggressiva, un atteggiamento nerboruto, tuttavia mai essere volgare; puntando molto sulle cospicue risorse d'un organo vocale di inusitata potenza. Finisce però, proprio per questo, collo sparare certe bordate di suono che non s'adattano ad una plausibile interpretazione verdiana. Il pubblico però si bea di tanta espansività vocale, e lo festeggia.

foto Rolando Paolo Guerzoni

Un tenore eroico

Angelo Villari porta in scena un Manrico centrato nel carattere giovanile ed ardente. La condotta vocale risulta adeguata al ruolo, duttile e bastevolmente elegante, con salda sicurezza di suoni, e discreta varietà di colori. Solo che, essendo impetuosamente tesa al massimo, quei passaggi dove si dovrebbe cantare piano, ripiegando il suono, sono appena accennati. 

La voce poi lo tradisce nella ripresa della 'cabaletta della pira': incidenti che possono talvolta capitare, se le condizioni fisiche non sono al top. Alla fine chiede venia, il pubblico comprende e lo applaude lo stesso, dimostrando di apprezzare una prova, prima e dopo lo spiacevole episodio, comunque generosa.

foto Rolando Paolo Guerzoni

Una Azucena con qualche incrinatura

Qualcosa di analogo vale per l'Azucena di Anna Maria Chiuri: pienamente incisiva ed efficace nel personaggio in sé, ben tornito, sortendone nel complesso un'ottimale lettura drammatica. Il personaggio ce l'ha tutto nel cuore il mezzosoprano di San Candido, piacentina d'adozione. S'avvertono però anche talune salite agli acuti non incontaminate, che un po' sminuiscono una performance nell'insieme intensa e senz'altro d'alto livello.

Al sollevarsi di sipario, troviamo subito il musicalissimo Ferrando di Giovanni Battista Parodi, grande voce di basso, poderosa e ben timbrata; Andrea Galli è Ruiz; Ilaria Alida Quilico è Ines. Corretto nell'insieme il lavoro del Coro del Municipale di Piacenza, diretto da Corrado Casati.

foto Rolando Paolo Guerzoni

Concertazione squisitamente lirica

La direzione di Matteo Beltrami, messo a capo dell'Orchestra Filarmonica Italiana, ci piace assai: curata nei dettagli, ben sfumata nel tocco e calibrata nel peso, è pervasa da un andamento lunare e squisitamente lirico. 

Il maestro ligure evita i soliti tagli e sostiene e sostiene il canto senza mai prevaricarlo, imperniando la sua concertazione su sonorità che mediamente vanno dal mezzo piano (ma anche meno) al mezzo forte, e sottraendola ad inopportuni clamori. Aliena di sicuro da certo Verdi iperdrammatico, concitato e virulento che ci viene talora (ahinoi) propinato anche in sedi illustri.

foto Rolando Paolo Guerzoni

Regia nel segno della sobrietà

Anche la regia di Stefano Monti procede sul filo della lievità, in un modus operandi che s'avvale di pochi, accorti tocchi scenici; e con oculata sobrietà focalizza sulle singole spinte emotive il dipanarsi d'un racconto immerso in un'atmosfera cupa ed opprimente. 

Firma anche gli essenziali e raffinati costumi, e con Allegra Bernacchioni la scabra scenografia che abbiamo davanti: suggestivi fondali, ed alte muraglie chiazzate di sangue – nero, grigio e rosso paiono le cifre dominanti – in perenne  movimento, a variare di volta in volta lo spazio. Belle ed accurate le luci di Fiammetta Baldisserri.

 

(spettacolo visto il  3 dicembre 2023 - foto Rolando Paolo Guerzoni)

GILBERTO MION

voto: 7/10

Visto il 01-01-1970