Prosa
IL VIAGGIO DI VICTOR

Il Viaggio di Victor:  la fuga nell'incubo è meglio della realtà

Linda Gennari e Antonio Zavatteri
Linda Gennari e Antonio Zavatteri

Il Viaggio di Victor, del francese Nicolas Bedos: un testo mai rappresentato in Italia e tradotto da Monica Capuani apposta per essere messo in scena dal Teatro Nazionale di Genova.

E’ un viaggio nel dolore, nell’immensa sofferenza umana, nel disagio e nell’inadeguatezza esistenziale di chiunque di noi: anche di chi pensa di stare bene. Basta un niente, e da una vita tranquilla e sicura dove tutto va sui binari e tutto è già deciso, ti ritrovi catapultato a cadere in un universo di dubbio, di ignoto e sofferenza. Tutte cose più grosse di te.

Strategie di pazzia e sopravvivenza quotidiana

Quello del protagonista Victor, e di tutti noi insieme a lui, è un viaggio alla ricerca di qualcosa che dia un senso alla vita e al suo essere vissuta. Ma si sa già che questo qualcosa non sarà trovato: e allora è meglio concentrarsi su strategie di sopravvivenza quotidiana, e su qualche escamotage che ci dia la forza di andare avanti.

Alla fine della prima assoluta, i due protagonisti Linda Gennari e Antonio Zavatteri erano stremati dal carico empatico che hanno dovuto trasfondere nella loro recitazione per renderla credibile e trasformare il dramma particolare dei due protagonisti nel dramma universale della condizione umana. 


Lo stesso regista Davide Livermore quando si è presentato sul palcoscenico a raccogliere gli applausi, era visibilmente provato dalla compartecipazione emotiva con i suoi attori e con la forza del dramma. Ma attori e regia sono stati comunque perfetti, senza sbavature.

Un testo mai rappresentato in Italia

Impossibile entrare nel dettaglio della trama senza fare spoiler: questo Viaggio non è un classico dove tutti sanno come va finire. In scena ci sono un uomo, una donna, e basta. Lui è confuso, amnesico: probabilmente a causa di uno shock fisico ed emotivo. 

Si accenna ad un incidente stradale i cui dettagli sfuggono da tutte le parti come i ricordi nella memoria dell’uomo. Forse la donna è un’infermiera: o forse è qualcosa di più, ma vuole far credere di essere solo un’infermiera. L’unica cosa che si capisce è che Victor è appena tornato a casa dall’ospedale, e non esce volentieri.


Lui è diventato pazzo, o è solo sotto shock? Finge scientemente di non ricordare i dettagli dell’incidente, o non ricorda per davvero? Pian piano i dettagli e i ricordi emergono comunque dalla narrazione e dal dialogo (ma anche dall’incubo), come qualcosa che non si può evitare. Sia lei che lui vogliono ricostruire la verità, quello che è accaduto veramente, e contemporaneamente vogliono fuggire mille miglia lontano da quella stessa verità, mettere la testa sotto la sabbia e non pensare, non ricordare, non vivere.

L'amnesia è una fuga per la sopravvivenza?

C’è un figlio, o c’era? E adesso dov’è? E come sarebbe stata la vita se si fosse reagito in modo diverso alle varie difficoltà del rapporto coniugale, prendendo altre strade anni addietro, prima dell’incidente? La risposta non c’è. E allora l’unica strategia di sopravvivenza può essere solo quella della fuga. Una fuga reale, prima di lei e poi di lui. 


Oppure una fuga nella pazzia e nell’amnesia: facciamo finta che questi ricordi riguardino qualcun altro. E quando l’identità e la memoria sembrano tornate a ricostruire un’identità di tempo e di luogo, ci si sveglia la mattina, e si è di nuovo a zero.

Il ledwall e lo specchio frammentano la realtà

Il ledwall tanto caro a Livermore qui è usato in modo magistrale. Il muro luminoso elettronico è a terra, a fare da pavimento, e le sue immagini si riflettono al contrario su uno specchio messo di sbieco sopra la scena. Tutto è a specchio, a suggerire che tutto è vero ma è vero anche il suo contrario. Quindi niente è vero.


Non c’è più un alto, basso, destra, sinistra. Tutto è specchio, tutto è solo immagine e quindi apparenza. I riflessi sono perlopiù in bianco e nero, sempre a suggerire tutto e il contrario di tutto. I colori, spesso un rosso acceso che si allarga come una macchia d’olio, a volte compaiono: ma solo durante gli incubi di sonni agitati. E negli incubi le verità e la lucidità, che erano stati messi da parte durante la veglia, esplodono con la loro dolorosa nitidezza. 

Lui è scalzo, come un animale

L’incubo è vero, la realtà della veglia è illusoria. Victor è scalzo, lei no. Lei è la ragione, lui si è rifugiato in una condizione di animalità primordiale. C’è una scena importante. L’uomo e la donna osservano dall’alto il traffico della strada, il brulicare delle auto e degli uomini.


Ci sono i colori, ma non è un sogno e neanche un incubo: forse perché sono l’uomo e la donna ad essere ormai lontani dalla realtà. Grandissima prova attoriale di Zavatteri e Gennari. Non tutti possono cimentarsi con un testo così. Il pubblico è stato tramortito ma ha capito: lunghi applausi nel finale.

Visto il 03-05-2024
al Gustavo Modena di Genova (GE)