Lirica
JENUFA

Grande prova del regista Claus Guth per Jenufa, all'Opera di Roma

Jenufa
Jenufa

Terza tappa del breve ma intenso progetto che ha visto in scena nelle ultime stagioni del Teatro dell’Opera di Roma tre opere fondamentali della poetica del grande autore ceco Leos Janacek, nel 2022 Kat’a Kabanova, nel 2023 Da una casa di morti e ora Jenufa, capolavoro del realismo slavo.

Grande prova del regista Claus Guth che con una messa in scena essenziale, sfrondata da ogni elemento superfluo, enfatizza il dramma della protagonista succube delle convenzioni e dei pregiudizi di una società meschina e crudele. La scena è un non luogo chiuso, senza porte o finestre, in cui i personaggi vivono la loro tragedia prigionieri di un ambiente fisico e morale che non offre vie d’uscita.

Una storia di colpa ed espiazione

La vicenda narra di un amore non corrisposto della giovane Jenufa, figlia adottiva della sacrestana Kostelnicka, per il vanesio Steva da cui aspetta un figlio. Defilato, il timido Laca è a sua volta innamorato di Jenufa, che dopo la nascita del bambino si chiude in casa per nascondere l’evento alla comunità del villaggio. Steva è disposto a mantenere il bambino, ma non a sposare la mamma, anche perché nel frattempo si è fidanzato con un’altra. La nonna Kostelnicka allora porta il bambino fuori casa e lo uccide, raccontando poi a Jenufa che è stata una morte naturale.

Laca si offre di sposare la giovane e si appronta il matrimonio con la partecipazione di tutto il villaggio. Durante i preparativi si scopre l’infanticidio, tutto il villaggio inorridisce, allora Kostelnicka si dichiara responsabile dicendo che il fine ultimo di nascondere l’onta del disonore della figlia era più importante di una vita appena iniziata, che ancora non era in grado di percepire la sofferenza. Jenufa perdona la mamma adottiva, il timido Laca conferma la sua disponibilità alle nozze che Jenufa accetta nella speranza di una futura serenità.

La musica di Janacek sottolinea il dramma puntando su una espressività particolare, non ci sono temi cantabili, i protagonisti esprimono una “melodia parlata” basata su ritmi, accenti, inflessioni fonetiche. Rari sono gli episodi in cui la musica si addolcisce, quando culla il bambino e durante la recita del Salve Regina. Gli strumenti dell’orchestra sono impegnati a riprodurre i rumori della vita quotidiana, il ritmo ossessivo del mulino contrappunta spesso l’azione.

La luce fioca e i costumi severi mostrano le donne del villaggio come prèfiche minacciose, il grande corvo appollaiato sulla cameretta di Jenufa simboleggia il destino tragico che incombe. Il clima di tragedia non è attenuato neppure dai colorati costumi della festa nuziale, c’è sempre un’atmosfera cupa sottolineata dai suoni peculiari della lingua ceca.

Gli interpreti offrono una prova straordinaria come cantanti e come attori: l’espressione, i salti di volume e di registro, il peso giusto per ogni suono, hanno coinvolto gli spettatori nel clima di tensione drammatica del capolavoro di Janacek. Cornelia Beskow è una splendida Jenufa, tragica e dolce, Karita Mattila è la matrigna Kostelnicka che rappresenta superbamente il conflitto tra il dramma sociale e quello familiare. 


Robert Watson interpreta con energia il personaggio guascone e vigliacco di Steva, mentre il dolce e timido Laca è ben rappresentato dalla bellissima voce di Charles Workman. Tutti gli altri componenti del cast vocale sono perfetti nei loro ruoli, insieme al Coro diretto da Ciro Visco che ormai ci ha abituato alle sue superbe prestazioni. Partecipano alla massa dei figuranti i giovani allievi della Scuola di Danza del Teatro dell’Opera.

L’Orchestra diretta da Juraj Valcuha con energia e precisione. ha contribuito con efficacia all’atmosfera drammatica sottolineando la tensione emotiva con suoni aspri e asciutti. I costumi, bellissimi e severi, sono di Gesine Vollm, le luci cupe di James Farncombe, le scene essenziali di Michael Levine. Applausi convinti e prolungati per tutti, soprattutto per i protagonisti.

 

Visto il 07-05-2024