Non c’è nessun posto al mondo dove sentirsi nel giusto, nel diritto. Chiunque può irrompere nella nostra vita e scompaginare l’ordine e l’equilibrio che faticosamente ognuno cerca di costruire per se stesso.
Bastano una sedia e una luce che la illumini dall’alto perché Marco Baliani catapulti il suo pubblico in una storia scritta da Heinrich von Kleist, Kohlhaas, racconto che offre lo spunto per una riflessione sulla questione della giustizia e sulle conseguenze morali che derivano da una reazione individuale. Quella di Kohlhaas è la storia, ispirata ad una vecchia cronaca della metà del sedicesimo secolo, di un integerrimo cittadino tedesco, marito, padre, mercante di cavalli e padrone di una fattoria. Un uomo qualunque il cui cuore è ripetutamente dipinto, dal testo di Marco Baliani e Remo Rostagno, come un recinto all’interno del quale nulla manca e di nulla si ha bisogno, e il cui senso della giustizia, così recitano le parole di Kleist, è “simile alla bilancia dell’orafo”. In questo piccolo mondo perfetto una ingiustizia colpisce il mercante di cavalli: il barone von Tronka trattiene in pegno i suoi due migliori morelli e glieli rende smunti, emaciati, consumati dal lavoro. Kohlhaas denuncia allora l’accaduto ed esprime la volontà di riavere i suoi cavalli nelle stesse, ottime condizioni in cui li aveva lasciati, ma la sua richiesta di giustizia rimane inascoltata e le sue lamentele vengono dai più sminuite. Si scatena così in lui una frenesia terroristica, una violenza titanica in nome della giustizia che lo condurrà ad allestire un vero e proprio esercito, a guerreggiare contro gli uomini dell’imperatore, a mettere a ferro e fuoco le città tedesche che incontrerà sul suo cammino verso la cattura del barone. Solo sulla forca il suo sacro diritto, selvaggiamente difeso, sarà riconosciuto.
La spettacolo di Baliani racconta senza fronzoli il rapporto che lega da sempre gli uomini alla giustizia, l’individuo allo stato. Socrate fu condannato a morte con le accuse di empietà e corruzione dei giovani e, sebbene non esitò a consegnarsi nelle mani della legge e a credere nella non liceità di ricambiare le ingiustizie, riconobbe sino al suo ultimo respiro la falsità dei capi d’accusa che gravavano sulla sua reputazione. Così nella inevitabile non coincidenza della giustizia del singolo con la giustizia del potere, Kohlhaas, diversamente dall’integerrimo, o arrendevole Socrate, da vittima dello stato, si lascia risucchiare dalla furia del riconoscimento del proprio diritto, diventandone vendicatore ed esecutore, ma trasformandosi anche in fuorilegge ed assassino. Martire del proprio sentimento di giustizia. Nessuna scenografia, nessuna musica. Marco Baliani, il più grande rappresentante del teatro di narrazione in Italia, è solo ed è sempre seduto, ma la sua espressività incisiva, la gestualità e l’abile uso della sua voce rapiscono lo spettatore fino a condurlo dinnanzi a visioni fantastiche e tragici interrogativi.