Prosa
KOHLHAAS

L'eterna giovinezza di Kohlhaas

Marco Baliani
Marco Baliani

Siamo alla prima di Kohlhaas, adattamento teatrale di Marco Baliani e Remo Rostagno, tratto dall'omonimo romanzo di Heinrich Wilhelm von Kleist. Il teatro di narrazione tocca con Kohlhaas uno dei suoi vertici. Marco Baliani pur rimanendo Marco Baliani, autore e attore insieme, riesce a rappresentare la storia con la maestria di decine di attori e la magia di una scena ricca e cangiante. E invece è sempre lui, vestito sobriamente, che si muove in una scenografia essenziale. Immediato è il rimando al Mistero buffo di Dario Fo, che diede il via al teatro di narrazione negli anni Settanta.

La sala Duse del Teatro Stabile genovese ha registrato il tutto esaurito, con un pubblico entusiasta che a fine serata sembrava non volersene andare, continuava ad applaudire Baliani, il quale tra gli inchini e i sorrisi mostrava la stanchezza di un viaggio in cui la marcia è sostenuta, per due ore è senza soste, il percorso è vincolato. Il risultato però è incanto, magia e gioia di esserci stati. Una rappresentazione straordinaria, dunque, e una scenografia al minimo -una sedia al centro del palcoscenico- com’è proprio del teatro di narrazione. Il resto è opera di Baliani. Così lui stesso, con i suoi abiti semplici, si trasforma in tutto ciò che narra e par di vederlo divenire altro da sé, ora barone ora cavallo, ora bandiera ora torma, ora pioggia ora buio, ora calpestio ora trotto, ora emozione ora rabbia, ora forca ora folla.

E' la storia, realmente accaduta nella Germania del XVI secolo, di un allevatore di cavalli, Michael Kohlhaas, il quale subisce un sopruso: il barone von Tronka gli sottrae ingiustamente due bei morelli e fa bastonare il suo servo. La puntura che Kohlhaas avverte nel cuore a poco a poco, e man mano che si renderà conto che non avrà giustizia, si apre in fessura e poi in squarcio e poi in voragine. E Kohlhaas cade nell’abisso di chi cercando giustizia da sé diviene ingiusto. Soltanto quando è ormai alla forca ottiene giustizia, rivede i suoi morelli e par che muoia felice. Sì, felice perché “il cerchio del mondo”, che è il cerchio del suo recinto, che è il cerchio del suo cuore, che è il cerchio della giustizia, si è risanato.

Il monologo nel corso di questi ventidue anni si è arricchito, è cambiato, «via via il testo originale si è come andato perdendo e ne nasceva un altro, un “work in progress” alla prova di spettatori sempre diversi, anno dopo anno, in spazi teatrali e non, secondo un procedimento di crescita che ai miei occhi appare come qualcosa di organico, come mi si formasse tra le mani un organismo vivente sempre più ricco e differenziato» (M. Baliani, Kohlhaas, libretto di scena, p. 2).

Forse è anche questo il motivo per cui a ventidue anni dalla prima assoluta, avvenuta proprio al Duse, Kohlhaas non mostra il minimo accenno di vecchiaia. Accolto sempre con gioia e recensito sempre con entusiasmo. È insomma un monologo eterno.

Visto il 26-04-2012
al Eleonora Duse di Genova (GE)