Una Bohème in versione 'usato sicuro' al Carlo Felice di Genova ha fatto il tutto esaurito e il pieno di consensi, con lunghi applausi nel finale e anche al sipario dell’intervallo. Nelle poltrone del primo settore era seduta anche un mito come Cecilia Gasdia, venuta ad ammirare la figlia Anastasia Bartoli nei panni della protagonista Mimì.
Questa edizione della Bohème nel 2011 è stata commissionata dalla Fondazione Carlo Felice a Francesco Musante, musicista, pittore e scenografo, che si avvalse di Augusto Fornari alla regia.
Da allora è andata in scena altre quattro volte: 2012, 2014, 2019 e 2024. Per chi la vedeva per la prima volta (non pochi, a giudicare dalle reazioni) appena si è aperto il sipario è stato uno shock di colori e linee spezzate e impazzite. Accostamenti di colori improbabili e imprevedibili nei costumi, nelle scene, negli oggetti di scena: scelta coraggiosa e di rottura.
Niente buio e grigio, qui la povertà è colorata
Di solito il primo e il quarto quadro della Bohème nella scenografia sono l’emblema della tristezza e della povertà, con grigio, buio, muffa e ragnatele: qui c’è un’esplosione arcobaleno in tutti e quattro. Sembra di stare in una casetta delle favole, i costumi e i colori ti fanno venire in mente Mary Poppins.
Ogni protagonista ha il suo colore: Rodolfo ha le tinte sul verde, Mimì è in fucsia, Marcello è in giallo, Colline in sfumature di blu e azzurro, Schaunard di un bel rosa acceso. L’obiezione che i colori vivaci non si addicono alla morte di Mimì è sensata, ma il sottotesto è presto detto: i quattro amici squattrinati hanno un solo vestito e quindi non si possono cambiare; inoltre la vita va avanti. La location è sempre la fredda mansarda: quando bisogna trasferirsi all’interno del Caffè Momus, basta far girare la casa con un macchinario di scena.
La direzione fiammeggiante di Francesco Ivan Ciampa dà una sferzata al pubblico e all’orchestra, incalzando musicisti e cantanti per tenere unito il filo che lega i quattro atti: ma il terzo atto ha comunque qualcosa in più dal punto di vista musicale. La musica scalda il freddo suggerito in scena. Per contro la regia sembra un po’ statica, soprattutto nelle posizioni assegnate ai personaggi.
La sorpresa è Anastasia Bartoli
Per quanto riguarda i cantanti, la sorpresa è stata la protagonista Anastasia Bartoli nel ruolo di Mimì. Buon sangue non mente, si diceva una volta: anche se non tutti in sala sapevano che si tratta della figlia di Cecilia Gasdia, la sua interpretazione ha subito stupito tutti per l’autorevolezza, la convinzione, la naturalità. Questione di Dna e anche di educazione musicale dalla nascita.
Anastasia Bartoli come tutti i figli d’arte ha però un grosso problema: la necessità di liberarsi dal peso parentale, di essere convincente per sé stessa e non per meriti riflessi. E in questa Bohème lo ha fatto alla grande: si è emancipata dal punto di vista artistico interpretando in modo decisamente diverso uno dei cavalli di battaglia della madre. La Mimì di Bartoli è modernissima, con una personalità spiccata nonostante la malattia che la consuma.
Il Dna materno si vede nel timbro cristallino ed elegante; la sua vocalità è perentoria, stupefacente nel fraseggio. Tanto la Mimì di Cecilia Gasdia era un sogno sfuggente e sublime, tanto la Mimì della figlia è determinata e concreta.
Musetta annuncia la modernità al femminile
Brividi di emozione in sala per il suo 'Addio senza rancore' e per il 'Te lo rammenti quando sono entrata per la prima volta qui'. Ad interpretare Rodolfo è il tenore messicano Galeano Salas: a tratti non riesce ad essere melodico come servirebbe e come vorrebbe, ma ha comunque una bella estensione vocale naturale e la capacità di essere corretto nell’esecuzione.
Ottima e ancora più moderna la Musetta di Benedetta Torre: nel modo in cui si pone sul palcoscenico e affronta la sua parte vocale, Torre fa piazza pulita dell’antico pregiudizio morale per la donna dai facili costumi e crea una moderna vicenda di autodeterminazione al femminile. Pienamente adeguato il Marcello di Alessio Arduini.
Indispensabile come sempre il contributo del coro degli adulti e del coro delle voci bianche diretti rispettivamente da Claudio Marino Moretti e Gino Tanasini.